Si è tenuta ieri mattina nell’aula della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere l’udienza a carico di Ulderico Piccolo, per l’omicidio di Angelo Grillo, avvenuto a seguito di una lite scoppiata dopo la cena tenutasi a casa dell’imputato, la sera del 24 maggio 2020.

Castel Volturno, giuglianese uccise a coltellate l’amico: perizia della difesa smentisce quella del pm

L’omicidio risale a maggio 2020. I due amici trascorsero la serata insieme nella villetta del parco “Le Anfore” di Castel Volturno, nel corso della quale avevano bevuto più del solito. Nel mezzo della serata però qualcosa andò storto. Un bisticcio, forse una discussione per futili motivi. Dopo aver invitato Grillo a lasciare la casa, Piccolo e l’amico si sarebbero scontrati sul vialetto esterno, dove si è poi consumato il delitto.

Dopo l’accoltellamento l’agente immobiliare di Lago Patria accompagnò immediatamente l’amico presso l’ospedale di Pineta Grande, ma per il giovane non ci fu nulla da fare. L’uomo riportò ferite al pericardio e al ventricolo sinistro, provocando conseguenze irreversibili.

Ed è proprio sulla prova scientifica che ci si è soffermati all’ultima udienza, che ha visto protagonista il consulente della difesa, Professor Giovanni Arcudi, Direttore del Dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Roma Tor Vergata, citato dai legali di Ulderico Piccolo, Carlo Taormina e Marco Sepe.

Il consulente, attraverso l’analisi delle risultanze raccolte nell’immediatezza dai Carabinieri, dell’autoposia e di quelle tossicologiche, ha smentito punto su punto quanto dedotto dal consulente del pm, che a quel punto si è visto costretto a chiedere un’ulteriore udienza.

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Il nucleo centrale della spiegazione è relativo alla sequenza dei colpi inferti. Tre in totale. Il professor Arcudi ha stabilito che i primi due sarebbero quelli non mortali e frutto della iniziale colluttazione tra Grillo (che aveva un tasso alcolemico tre volte il consentito 1,7g/l) e la vittima. Mentre l’ultimo, accidentale, avrebbe colpito la vittima al torace, causandone la morte.

La velocità dell’azione e il dato scientifico raccolto, avevano suscitato molteplici dubbi in aula, in relazione alla consulenza depositata dalla pubblica accusa. Specie sulla sequenza dei colpi che era stata confessata dall’imputato la sera stessa del delitto,  nonché sulla deformazione della lama, che la difesa ha sempre sostenuto essere frutto della caduta in cui incorse Piccolo, dopo aver colpito il Grillo, che a quel punto gli liberò le braccia lasciandolo cadere all’indietro.

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