Dieci figli, tutti maschi, cresciuti in via Cupa dell’Arco a Secondigliano. Nel giro di 30 anni Secondigliano diventa quartier potentissimo della famiglia di Lauro, che fa della droga un business senza eguali. Ma come ha avuto inizio la scalata di uno dei clan più potenti al mondo?

La storia. Figlio di madre nubile, Paolo Di Lauro fu abbandonato alla nascita, poi riconosciuto dalla madre, e infine adottato dalla famiglia Di Lauro. L’incontro con Aniello La Monica, in quegli anni feroce capo della malavita di Secondigliano, segnò il destino di “Ciruzzo o’ Milionario“, così definito dal boss di Forcella Luigi Giuliano durante una partita a poker, per via delle banconote che a stento riusciva a trattenere nella tasche dei pantaloni.

Paolo Di Lauro lavorava da ragioniere tenendo la contabilità nella cosca dei La Monica e consegnando le mesate agli affiliati. Ma intanto gestiva anche un giro di magliari che vendeva soprattutto merce contraffatta: giubbini di finta pelle, biancheria, ma anche finti trapani Bosch, borse, borsellini, occhiali, maglie e magliette spesso importate dalla Cina.

Fu la contraffazione ad aiutare Di Lauro ad accumulare un capitale che gli permise poi di investire nella droga.Nel 1982 il salto di qualità: il primo maggio La Monica fu investito con l’auto e poi ucciso a colpi di pistola. Dietro l’agguato c’erano D’Avanzo e Di Lauro che da quel momento cominciarono un’inarrestabile ascesa criminale.

L’ascesa del clan. Dopo il terremoto Ciruzzo impose la propria egemonia in uno dei rioni appena costruiti dallo Stato con i fondi della ricostruzione: il rione dei Fiori, detto anche “Terzo Mondo”. Intanto la famiglia del boss governa il palazzo di via Cupa dell’Arco dove vivevano Luisa e i suoi dieci figli maschi: Cosimo, Vincenzo, Ciro, Marco, Nunzio, Salvatore, Domenico, Antonio, Raffaele e Giuseppe.

Proprietario di un’azienda di pelletteria ancora presente sulle Pagine gialle, la Vailant, Di Lauro non fu mai al centro delle cronache criminali fino ai primi anni del 2000, nonostante avesse  comprato – come spiegheranno successivamente i collaboratori di giustizia- già una bella fetta del comune confinante, Melito.

La sua unica fotografia, fino a quel momento, era stata scattata quando era stato convocato dall’allora pm Luigi Bobbio: il figlio Nunzio aveva organizzato un commando per picchiare un docente della Pascoli II che aveva osato rimproverarlo. Il prof morì poco dopo ma Ciruzzo si presentò dal magistrato, chiese scusa, giurò che avrebbe punito il ragazzo e tornò a casa.

Intanto con Raffaele Amato aveva fondato la più fruttuosa delle società: la Coca Spa, capace di importare ogni mese tonnellate e tonnellate di cocaina dal Centro America trasformando Scampia nella più grande piazza di spaccio a cielo aperto d’Europa e incassando tra ingrosso e dettaglio fino a 300 milioni al mese.

La scissione interna. Gli affari andarono a gonfie vele fino al 2002 quando Di Lauro, raggiunto da un mandato di cattura, fu costretto ad affidare al primogenito, Cosimo le redini del clan. E sarà proprio Cosimo il principale responsabile del declino del gruppo criminale. Il ragazzo volle mettere a busta paga i soci del padre e affidò mansioni e ruoli a uomini di sua fiducia. Una scelta che creò tensioni e ne determinò la scissione interna al clan.

La guerra nasce al ritorno a Napoli di Raffaele Amato, ex fedelissimo dei Di Lauro che si era allontanato dall’Italia (rifugiandosi in Spagna, da qui il soprannome degli scissionisti, definiti in modo sprezzante dai rivali “gli spagnoli”) dopo essere stato accusato dai figli di Paolo Di Lauro di essersi impossessato di somme di danaro dell’organizzazione. Al suo rientro Amato si allea con alcuni componenti del clan che non erano soddisfatti delle iniziative prese dai figli di Ciruzzo.

Scoppia la prima faida di Scampia. Negli anni successivi l’arresto del capoclan, del primogenito e a seguire quello di Vincenzo e la latitanza di Marco indebolirono il business della Di Lauro Spa. Ma le case, e soprattutto i negozi sparsi in tutto il mondo – un pentito, Gaetano Guida parlò già nel 1998 di punti vendita pure a Parigi – sono ancora in ottima salute. Fino ad oggi, il potere del clan finisce con la cattura di Marco Di Lauro, stanato sabato pomeriggio in una casa in affitto a Marinella.

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