Giugliano. Dalle prime ore della mattinata odierna, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di 33 persone e notificando avvisi di garanzia nei confronti di ulteriori 53 soggetti, tutti coinvolti a vario titolo in una frode all’I.N.P.S. del valore di oltre 9 milioni di euro. In manette anche 3 funzionari, di cui due in pensione e uno in servizio.

In particolare, le indagini coordinata dalla ODA di Napoli hanno portato alla luce un complesso sistema fraudolento, organizzato da esponenti del clan Mallardo (egemone nel territorio di Giugliano in Campania, ma attivo anche nel centro cittadino) che -ormai da molti anni- ha consentito a centinaia di soggetti di ottenere indebitamente pensioni di invalidità e/o di accompagnamento, in totale assenza dei necessari requisiti previsti dalla legge e, in taluni casi, senza che fosse stata presentata l’istanza per il riconoscimento dei benefici.

Si è pure accertato che tutta la documentazione presentata a corredo dell’istruttoria per la concessione dei predetti contributi assistenziali era falsificata anche con la connivenza di tre funzionari del Comune di Giugliano, anch’essi destinatari di un provvedimento restrittivo, anche in considerazione del loro collegamento con esponenti del clan. Sono stati così individuati complessivamente 86 soggetti che, oltre a non essere affetti dalle gravi patologie certificate, non erano mai stati sottoposti ad alcuna visita medica propedeutica al riconoscimento dei benefici economici da parte delle competenti commissioni mediche.

In particolare, tale sistema costituiva uno dei metodi utilizzati dalla consorteria criminale per “retribuire” alcune famiglie degli affiliati, alle quali pervenivano, come stipendio (le cosiddette “mesate”), gli emolumenti previsti per i titolari dei predetti benefici economici previdenziali indebitamente ottenuti. Nello stesso tempo, facendo riconoscere le indennità in parola anche a soggetti non appartenenti al clan, il sodalizio riusciva, da un lato, a crearsi un vasto consenso popolare da sfruttare per conseguire un significativo ritorno economico, visto che i diversi beneficiari, quale contropartita del vantaggio ottenuto, provvedevano a riscuotere solo l’assegno mensile, mentre le somme spettanti a titolo di arretrati (interessi compresi) venivano lasciate nella “disponibilità” dell’organizzazione.

Tra i beneficiari dei trattamenti previdenziali sono stati individuati anche numerosi soggetti affiliati al clan camorristico ovvero legati ad importanti esponenti del gruppo criminale, anche da stretti vincoli di parentela.

Al fine di recuperare le somme indebitamente percepite, la polizia giudiziaria ha anche sequestrato i beni nella disponibilità degli indagati nella misura corrispondente agli importi maturati nel tempo da ciascun beneficiario, pari ad oltre 9 milioni di euro.

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