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E’ stata ribattezzata Xe ed è la nuova variante del SarsCov2, figlia di una ricombinazione dei due principali ceppi della Omicon, BA.1 e BA.2, volgarmente conosciuti come Omicron 1 e Omicron 2. A destare maggiori preoccupazioni la sua contagiosità: sarebbe infatti più trasmissibile dei suoi “genitori”.

SarsCov2, la nuova variante Xe

La notizia della sua esistenza è stata diffusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. “XE appartiene alla variante Omicron fino al momento in cui non saranno riportate differenze significative nella trasmissione e nelle caratteristiche della malattia, inclusa la gravità”, precisa l’OMS. Al momento, dunque, non la variante Xe non ha ancora guadagnato la definizione di variante ed è ufficialmente considerata un sottotipo, segnalato per la prima volta in Gran Bretagna lo scorso 19 gennaio.

Tuttavia ci sono già alcuni dati e alcune evidenze scientifiche che dimostrano la crescente diffusione di Xe tanto da poterla candidare alla nuova variante dominante. Le prime stime, prosegue l’Oms nella sua nota stampa, indicano che la Xe sembra essere circa il 10% più contagiosa rispetto alla BA.2. Secondo i dati epidemiologici più recenti forniti dal rapporto dell’Ukhsca (Agenzia sanitaria britannica), la Xe ha un tasso di crescita del 9,8 % superiore a quello di Omicron 2. E’ il segno di un effettivo vantaggio rispetto alle altre varianti ricombinanti nella circolazione del SarsCov2.

Cosa sappiamo

In Gran Bretagna l’Agenzia Sanitaria ha rivelato 637 casi. Ne sono 763 a livello mondiale. I casi segnalati nel Regno Unito rappresentano al momento una frazione minima delle migliaia di casi Covid registrati ogni giorno dopo la revoca delle restrizioni nazionali. Attualmente la subvariante di Omicron rappresenta meno dell’1% del totale dei casi sequenziati. Anche la Thailandia ha segnalato il suo primo caso di Omicon Xe scoperto dal Center for Medical Genomics.

Gravità e sintomi della variante Xe

Dal mix tra i due sottotipi di Omicron al momento, ciò che emerge è la sua maggiore contagiosità, superiore, secondo le prime stime, del 10 % rispetto alla variante “madre”. Occorre capire se questa maggiore capacità di diffusione avrà in futuro delle ripercussioni sul sistema ospedaliero e sul numero dei ricoveri. L’Oms e le autorità sanitarie nazionali monitorano con attenzione la trasmissione della ricombinazione di Omicron. Al momento, dunque, i sintomi rilevati nelle decine di pazienti colpiti dalla variante Xe sarebbero riconducibili a quelli riscontrati nell’Omicron: tosse, occlusione delle vie respiratorie superiori, febbre, mal di gola, dolori articolari.

Le altre ricombinanti

Le ricombinanti – cioè una fusione tra più sottotipi di una variante – spesso si esauriscono in fretta senza prendere il sopravvento nella circolazione del virus. Al momento sono 3 le ricombinanti tenute d’occhio. Oltre alla Xe, anche le Xf Xd. Di queste, Xd e Xf sono ricombinanti tra Delta e Omicron 1 mentre, come già specificato, Xe è la ricombinante tra Omicron 1 e Omicron 2. Le autorità sanitarie britanniche hanno accertato al momento 38 casi di Xf. Xd, invece, è stata identificata in Francia, Oltre Manica, ed attualmente conta 49 casi. Per il momento è difficile stabilire, in assenza di ulteriori dati, gravità e contagiosità di questi altri sottotipi di Covid-19.

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