La vaccinazione contro il Coronavirus potrebbe iniziare verso metà del prossimo anno. Lo ha detto Soumya Swaminathan, scienziata capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, esprimendo un cauto ottimismo sul processo di ricerca e sviluppo di un vaccino contro Covid-19.

“Ora abbiamo oltre 20 candidati in studi clinici. Quindi speriamo che un paio di questi funzionino. Sarebbe davvero una grande sfortuna se tutti fallissero. Nella metà del 2021 avremo un vaccino che potrà essere ampiamente utilizzato”, ha detto, aggiungendo: “Naturalmente è impossibile prevederlo” con certezza.

Swaminathan ha affermato che la corsa globale allo sviluppo di una vaccino è stata “la più veloce mai vista finora”. Difatti sono trascorsi solo tre mesi dalla pubblicazione della sequenza genetica del virus, a gennaio, e l’inizio del primo studio. Il nuovo coronavirus è stato rilevato per la prima volta a Wuhan, in Cina, alla fine dell’anno scorso. Da allora si è diffuso in quasi ogni angolo della Terra, uccidendo oltre 600.000 persone e infettandone più di 14 milioni. Abbiamo bisogno di un vaccino che offra una protezione del 70% circa e che sia sicuro”, ha aggiunto Swaminathan.

Anticorpi e coronavirus

Diversi studi dimostrano che i livelli di anticorpi sembrano diminuire dopo l’infezione. “Il fatto che gli anticorpi neutralizzanti scompaiano non significa che l’immunità sia scomparsa. Le diverse modalità di immunità contro questo virus – aggiunge l’esperta alla Dpa – non sono state ancora scoperte. Ci sono anche segnalazioni che indicano che la risposta immunitaria mediata dalle cellule T può essere abbastanza importante. Inoltre si sviluppano alcune cellule di memoria. Queste possono essere riattivate quando vengono nuovamente esposte al virus e inducono una risposta immunitaria”.

Insomma, “stiamo ancora imparando. Quello che sappiamo è che la maggior parte delle persone sviluppa anticorpi, sviluppa cioè l’immunità. Questa è una buona cosa da sapere, e ci dà la speranza che un vaccino possa ottenere l’immunità” contro la malattia. “Finora – conclude – non abbiamo sentito parlare di casi in cui vi è una seconda infezione”.

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