lazzaro cioffi

E’ finito ieri in cella Lazzaro Cioffi, classe ’62, il carabiniere di Maddaloni in servizio a Castello di Cisterna, e genero del boss D’Albenzio di Montedecoro. E’ stato arrestato nell’ambito del blitz che ha condotto ieri all’arresto di 62 persone accusate di spaccio e traffico di stupefacenti tra Napoli e la provincia.

Nel 2006 ebbe un encomio per il suo lavoro di carabiniere, per una retata antidroga. Dodici anni dopo, però, si scopre dell’altro: avrebbe fornito informazioni segrete su perquisizioni e indagini in corso a carico di Pasquale Fucito, nonché reggente del Parco Verde di Caivano. Per non parlare dei suoi rapporti con i cartelli dei narcotrafficanti.

In alcuni casi, avrebbe consigliato ad un gruppo criminale di non noleggiare auto presso una determinata agenzia, dal momento che il titolare strizzava l’occhio alle forze dell’ordine, consentendo di installare le microspie. In altri casi ancora, inoltre, Cioffi avrebbe omesso annotazioni, sequestri e arresti obbligatori sempre per proteggere Fucito, tanto che pure l’illecita detenzione di una pistola P38 non sarebbe stata denunciata.

Non è tutto: in cambio di importanti informazioni, avrebbe ricevuto da Fucito ben 60 mila euro per la vendita del ristorante intestato alla moglie e 1000 euro per fare un regalo al coniuge. Ma non è l’unica divisa che si macchia di corruzione al centro delle indagini. Altri quattro militari sarebbero stati convocati ieri dalla Procura, su di loro sono ancora in corso delle verifiche. Hanno lavorato per anni con Lazzaro Cioffi: facevano parte della stessa squadra.

Il curriculum criminale di Cioffi sembra però non aver fine. I reati a cui risponde sono numerosi. Ma l’attenzione degli inquirenti si sposta anche sui rapporti familiari dello stesso Cioffi che, secondo quanto emerso fino a questo momento, è emerso che il carabiniere è  sposato con una donna ritenuta legata da rapporti di parentela a soggetti della camorra di Maddaloni.

Ha un suocero che ha scontato 23 anni di cella per un omicidio. I due zii della moglie, quindi fratelli del suocero, sono stati accusati di aver consumato un omicidio per conto di Angelo Grillo, attualmente in regime 41bis per un delitto che sarebbe eseguito per conto del clan Belforte.

Ma l’inchiesta si concentra soprattutto sulle intercettazioni telefoniche con Carbone, l’uomo di Giugliano latitante da anni, e altri esponenti di primo piano. Carbone, infatti, aveva il ruolo di capo e promotore e finanziatore per le importazioni e il trasporto di tonnellate di cocaina dall’Olanda all’Italia a bordo di autoarticolati. Le decisioni, secondo quanto è emerso, venivano prese direttamente da Carbone con intermediari colombiani. Tra i gruppi riforniti da Carbone anche i Leone del rione Traiano legati in passato ai Petrone-Puccinelli.

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