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Aversa, Emanuele ucciso a 14 anni nel 2013. Chiesta l’assoluzione per l’assassino

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Colpo di scena, dodici anni dopo. Nel processo per la morte di Emanuele Di Caterino, il 14enne accoltellato il 7 aprile 2013 ad Aversa, il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Napoli ha chiesto l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” per l’imputato Agostino Veneziano. Al momento del delitto aveva 17 anni, oggi ne ha 29 ed è libero. Lo riporta Il Mattino.

Aversa, Emanuele ucciso a 14 anni nel 2013. Chiesta l’assoluzione per l’assassino

Secondo il procuratore generale Valter Brunetti, che ieri ha illustrato la requisitoria in circa quindici minuti, anche l’omicidio andrebbe ricondotto allo stesso contesto in cui era già stata riconosciuta la legittima difesa a Veneziano in un altro procedimento collegato. In quel caso, l’imputato era stato assolto per le lesioni inflitte agli amici della vittima, che – dopo l’accoltellamento mortale – lo avevano rincorso colpendolo con un casco. Veneziano, anziché fuggire, aveva reagito ancora una volta impugnando il coltello.

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Per la Procura, dunque, anche il colpo mortale rientrerebbe in una dinamica difensiva: Veneziano avrebbe puntato la lama “in posizione di protezione”, trovandosi accerchiato. Una tesi che però viene fermamente contestata dai legali della famiglia Di Caterino, gli avvocati Maurizio Zuccaro e Sergio Cola. Secondo la difesa della famiglia, il momento dell’omicidio e quello successivo delle lesioni sarebbero distinti, e l’autopsia indicherebbe che Emanuele fu colpito “dritto per dritto alle spalle”, quindi in un momento in cui non costituiva alcuna minaccia.

La Corte d’Assise d’Appello tornerà in aula a metà dicembre per la sentenza. Quello in corso è l’ottavo processo in quasi tredici anni. Una vicenda giudiziaria complessa, fatta di annullamenti, rinvii e nuove istruttorie. Il primo giudizio, nel 2014, si concluse con la condanna a 15 anni, poi annullata. Seguì una seconda condanna a 8 anni, poi aumentata a 10 in appello. Nel 2023 la Cassazione annullò anche quel verdetto, ordinando un nuovo processo, concluso con una nuova condanna a 8 anni. Infine, lo scorso maggio, un ulteriore rinvio per chiarire proprio il nodo della legittima difesa.

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