giorgio ambrosoli chi è

Giorgio Ambrosoli era un avvocato italiano assassinato nel 1979. Nasce a Milano il 17 ottobre 1933. Fu nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana e delle attività finanziarie del banchiere siciliano Michele Sindona. Fu ucciso l’11 luglio 1979 da un sicario ingaggiato dallo stesso Sindona.

Giorgio Ambrosoli nasce in una famiglia borghese di Milano. Politicamente vicino ai monarchici studia Giurisprudenza e si specializza in diritto fallimentare. Nel 1974 è scelto dall’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, come commissario liquidatore della Banca Privata Italiana portata quasi al fallimento da Michele Sindona.

Il crack della Banca privata italiana

Durante le indagini si rende conto che c’erano gravi irregolarità nei conti e che i libri contabili erano stati falsati. Sindona aveva consolidati rapporti con pezzi della politica, della finanza e della criminalità organizzata siciliana.

Le minacce

Ambrosoli comincia a ricevere pressioni, gli chiedono di impostare il suo rapporto in modo da evitare l’arresto di Sindona. Le intimidazioni diventano minacce di morte. A quel punto capisce che la sua vita è a rischio ma decide di andare avanti comunque. In una lettera alla moglie spiega il perché.

La lettera alla moglie

“Anna carissima, è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell’Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito.

Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo e ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: e hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie.

Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [… ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell’altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi (…) Giorgio”.

L’omicidio

Era il 1975 Ambrosoli decide di andare avanti comunque nelle ricerche. Il 12 luglio 1979 avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione formale nella quale confermava la necessità di liquidare la banca e l’attribuzione delle responsabilità a Michele Sindona. Lo uccidono la sera prima. Era a casa sua a Milano con amici a vedere un incontro di boxe. Squilla il telefono lui risponde ma dall’altra parte non parla nessuno. A fine serata accompagna in macchina i suoi amici. Tornando indietro, mentre parcheggiava sotto casa, un uomo si accosta e gli spara quattro colpi. Era il mafioso italoamericano William Aricò, ingaggiato proprio da Michele Sindona.

L’arresto di Sindona

Nel 1981, con la scoperta delle carte di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, si ha la conferma del ruolo della loggia massonica P2 nelle manovre per salvare Sindona. Il 18 marzo 1986, a Milano, Michele Sindona viene condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ambrosoli. Due giorni dopo lo trovano morto in cella per avvelenamento da cianuro di potassio.

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