Un patto mafia siciliana e camorra napoletana per frodare lo Stato sull’IVA e incassare indebitamente milioni di euro. Su richiesta della Procura europea con sede a Palermo e Milano, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha disposto undici misure cautelari. Due arresti sono scattati a Dubai. Gli altri in provincia di Napoli.
Patto mafia-camorra per la mega-truffa sull’IVA. Undici arresti tra Dubai, Marano e Scampia
Questo rappresenta un ulteriore sviluppo dell’operazione “Moby Dick” avviata lo scorso novembre, che aveva portato al coinvolgimento di 47 indagati, tra cui Toni Lo Manto, figura nota a Palermo. I magistrati Calogero Ferrara, Amelia Luise, Giordano Ernesto Baggio, Gaetano Ruta e Sergio Spadaro ora si stanno concentrando sulle connessioni con la criminalità organizzata campana, in particolare con i clan Nuvoletta di Marano di Napoli, storicamente legati ai corleonesi di Cosa Nostra, e con i Di Lauro di Scampia.
Le indagini sono state condotte dalla Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo della Polizia, dalla squadra mobile di Palermo e dalla Guardia di Finanza di Varese. Secondo le accuse, un’organizzazione criminale avrebbe messo in piedi un sofisticato schema di evasione fiscale, noto come “lavaggio dell’Iva“, utilizzando fatture false per operazioni inesistenti nel commercio di prodotti informatici, come auricolari Apple, dispositivi Kingston e Toshiba, hard disk Seagate, software Microsoft Office e altri articoli simili.
Chi sono i fermati
In carcere sono finiti Vittorio Felaco, Simone Liparulo, Cosimo e Gennaro Marullo, Angelo Miccoli, Massimiliano Noviello, Giovanni e Lorenzo Nuvoletta, Luigi Oliva e Vincenzo Perillo. Ai domiciliari è stato invece posto Salvatore Grillo. Tutti sono originari della Campania e alcuni di loro erano già noti alle autorità.

Una precedente ordinanza cautelare era stata annullata dal Tribunale del Riesame per carenze nella motivazione, ma nuove evidenze investigative hanno portato a un’aggravante delle accuse. I reati contestati comprendono l’associazione a delinquere di stampo transnazionale, aggravata dall’agevolazione di organizzazioni mafiose e camorristiche, con finalità di frode fiscale e riciclaggio.
“Garanzia mafiosa”
Gli inquirenti sostengono che i fratelli Nuvoletta, insieme a Lo Manto, avrebbero garantito protezione e gestione delle attività illecite esercitando una forma di intimidazione mafiosa, imponendo la loro influenza non solo per i legami personali ma anche attraverso il modus operandi utilizzato. Antonio Lo Manto, originario del quartiere Brancaccio di Palermo e privo di precedenti penali, sarebbe però legato a noti esponenti mafiosi come Lorenzo Tinnirello – condannato all’ergastolo per decine di omicidi e per la partecipazione alle stragi del 1992 – e Francesco Guttadauro, nipote del boss Matteo Messina Denaro.
Le sue connessioni si estenderebbero anche ai clan Spadaro della Kalsa e agli stessi Nuvoletta, guadagnandosi così la fiducia dei camorristi e contribuendo alla regia dell’intera truffa. Il giudice sottolinea nell’ordinanza che “le indagini hanno messo in luce un sistema criminale articolato e ben radicato, capace di dominare il mercato attraverso una sistematica elusione fiscale”.