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Marco Di Lauro tra dieci giorni festeggerà il suo trentasettesimo compleanno e da quasi dodici anni è latitante. Oramai è diventato un fantasma grazie soprattutto ai soldi che il clan ha investito e tuttora spende per coprire la sua latitanza. Al punto che in qualche intercettazione si sentono collaboratori dire che ormai “quelli non pagano più a nessuno” – riferendosi al clan.

Eppure, nel corso degli anni, ci sono delle tracce che il superboss ha lasciato dietro di sé. Una donna innamoratissima di lui, la compagna, con la quale è in contatto da tempo, una villa nel vesuviano, strumenti sofisticati del valore di oltre 15o mila euro per bonificare gli ambienti dalle cimici, e parrucche da donna con cui si camuffa.

Sembra che si sposti cambiando di continuo automobile, nascosto nel bagagliaio dotato di impianto d’areazione, oppure seduto sul sedile posteriore con una parrucca da donna e due collaboratrici sui sediolini anteriori.

Dal 2007 ormai i Di Lauro sono relegati alla sola gestione del Rione dei Fiori, con l’ascesa degli Amato – Pagano e della Vanella Grassi. Questi ultimi nel 2011 rompono gli indugi e tentano la conquista di Secondigliano. Per farlo devono però abbattere gli Abete – Abbinate. E qui entra in gioco lo stratega Marco Di Lauro. Presenzia infatti un summit con i vertici della Vanella. Nel 2011 e nel 2014 si accorda con i capiclan nemici per cacciare dal quartiere “quelli del Lotto T/B. La traccia di quegli accordi è nella scia di sangue e morti che in un anno e mezzo sono saliti a 25.

Ha amici anche tra i Tamarisco di Torre Annunziata, che hanno sempre avuto sconti sull’acquisto di droga. A quanto pare negli ultimi anni, secondo gli inquirenti, ha cominciato a comunicare in stile mafioso. Con parole in codice e pizzini a cui poi viene dato fuoco.

 

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