Napoli, droga in carcere con la complicità della penitenziaria: arriva la sentenza

Sono sette le persone arrestate con l’accusa di essere agenti ‘infedeli’ nel carcere di PoggiorealeNei loro confronti pendevano accuse, a vario titolo di corruzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti.

Napoli, droga in carcere con la complicità della penitenziaria: arriva la sentenza

Ieri il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Dottor Enrico Campoli ha emesso la sentenza con condanne ed assoluzioni.

I nomi

  • Di Lieto Nicola condanna ad anni 5 di reclusione (il PM aveva chiesto 8 anni), difeso dall’avvocato Teresa Sorrentino
  • Di Lorenzo Antonio condannato ad anni 3 reclusione (il PM aveva chiesto 6 anni) difeso dall’avvocato Giuseppe Formicola
  • Luongo Rachele, Luongo Marianna e Caiano Umberto condannati ad anni due mesi otto di reclusione (il PM aveva chiesto 4 anni)
  • Diddio Giada, condannata ad anni tre reclusione. Assolta per la detenzione di stupefacenti (il PM aveva chiesto 6 anni) difesa dall’avvocato Giuseppe Granata
  • De Rosa Pietro, Assolto per la detenzione di stupefacenti, condannato ad anni 3 di reclusione (il pubblico ministero aveva chiesto 8 anni e 7 mesi di reclusione), difeso dall’avvocato Luigi Poziello.
  • Tortora Annamaria (Avv. Giuseppe De Lucia) e Effuso Emilio (Avvocati Isidoro Spiezia e Michele Sanseverino) condannati ad anni due mesi otto di reclusione ciascuno (il PM aveva chiesto 4 anni).

Erano ritornati in libertà la scorsa settimana Pietro De Rosa (classe 87 difeso dall’avvocato Luigi Poziello), Emilio Effuso (classe 74 difeso dagli avvocati Isidoro Spiezia e Michele Sanseverino) e Tortora Annamaria (classe 90 difesa dall’avvocato Giuseppe De Lucia) che si trovava ai domiciliari.

Nei giorni scorsi erano ritornati in libertà anche anche Di Lorenzo Antonio (classe 82 difeso dall’avvocato Giuseppe Formicola) e Giada Diddio (classe 93 difesa dall’avvocato Giuseppe Granata).

I fatti

Le indagini hanno consentito di scoprire un giro di affari illeciti nel penitenziario di Poggioreale, dove i detenuti, con il coinvolgimento anche dei loro familiari, entravano in possesso di informazioni, telefoni cellulari e sostanze stupefacenti. Fondamentali per l’inchiesta una serie di intercettazioni che, per la Procura, dimostrerebbe la natura delle condotte illecite contestate. Nelle carte dell’ordinanza si legge di un agente che contatta la madre di un detenuto parlando di un passaggio di droga: “Mi ha detto che devo passare per la pasticceria”.

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