È stato trovato a Campobello di Mazara il covo di Matteo Messina Denaro, boss di Cosa Nostra arrestato dopo 30 anni di latitanza, mentre stava per iniziare una seduta di chemioterapia alla clinica Maddalena di Palermo. Quando si è reso conto d’essere braccato, ha accennato ad allontanarsi. Non una vera e propria fuga visto che decine di uomini del Ros, armati e col volto coperto, avevano circondato la casa di cura.

Matteo Messina Denaro, trovato il covo: dove si nascondeva il boss

Dopo l’arresto il lavoro degli inquirenti continua senza sosta e questa mattina è stato scoperto il nascondiglio. Ieri mattina Messina Denaro aveva raggiunto Palermo partendo da Campobello di Mazara, paese del favoreggiatore che l’ha accompagnato in clinica, Giovanni Luppino, imprenditore del settore olivicolo praticamente incensurato, e di Andrea Bonafede l’uomo che ha prestato, ancora da capire se consapevolmente o meno, l’identità al capomafia.  La zona tra Campobello e Castelvetrano, paese di Messina Denaro, è stata battuta palmo a palmo. Nelle ricerche i carabinieri hanno impiegato anche delle ruspe.

L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa non venne perquisita.

Rete di fiancheggiatori

Altro aspetto importante sul quale si dovrà fare luce è quello della rete dei fiancheggiatori. Oltre a Luppino, arrestato in flagranza oggi, e a Bonafede, la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti, chi ha coperto, favorito e finanziato la fuga di Messina Denaro negli ultimi tempi? Negli anni per favoreggiamento sono finiti in cella centinaia di fedelissimi del boss tra i quali sorelle, cognati e fratelli.

Ad esempio nella nota clinica palermitana che per un anni ha curato Denaro nessuno sapeva la vera identità del paziente? “Non ci risulta – ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia che ha coordinato il blitz – Ma indagheremo a tutto campo”. Insomma sono tanti i quesiti da sciogliere e su cui ora indagare. De Lucia in conferenza stampa ha evidenziato anche come sia risaputo che “fette della borghesia” per molto tempo abbiano fatto parte della rete dei favoreggiatori.

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