Don Patriciello sulle pagine di Avvenire questa settimana ha attaccato Saviano. Lo ha definito “profeta di sventura”. Il prete di Caivano poteva evitare di utilizzare il giornale della CEI per demolire l’immagine dell’autore di Gomorra e divenire il nuovo alfiere di tutte le voci populiste antisaviano.

Così come lo stesso Saviano potrebbe anche smetterla di criticare per partito preso ogni azione del Governo. Se Meloni è venuta a Caivano a fare solo propaganda lo scopriremo nei prossimi mesi.

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Questa polemica alimenta la leggenda metropolitana che dà la colpa a Gomorra di ogni male di Napoli. Come se una sola fiction avesse potuto plasmare e deviare le menti di intere generazioni. La serie ha descritto le nostre realtà non le ha create. È ben altro ad armare i nostri ragazzi e renderli assassini. È la voglia di essere qualcuno.

E questo, fatevelo dire da chi è cresciuto in determinati quartieri, è un fenomeno che va avanti da molto più tempo: i boss per tanti giovani sono miti e modelli. Da molto prima di Saviano. Da quando alle feste di paese o nelle palazzine si faceva la fila per andarli a salutare o a chiedere udienza. La verità è che il sistema mafioso a furia di arresti, sequestri di beni e sparatorie sforna capiclan sempre più giovani.

Oggi fare il camorrista non conviene più: è una carriera breve che finisce dopo poco dietro le sbarre o al camposanto. L’abbassamento dell’età criminale non è stata provocata da Gomorra: ma dallo Stato stesso grazie ai suoi successi, e dai clan con le loro guerre intestine. Senza più capi in giro le giovani leve fanno carriere fulminee, amplificate spesso da profili social pieni di foto e video di bella vita. Un sogno criminale che molti vedono come l’unica via di uscita da vite nate e destinate al degrado.

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Dare la colpa a Gomorra è solo una foglia di fico. Anche le mode nel vestirsi o nel parlare precedono Saviano. Ma che sanno loro dei Transalp e delle camicie Castelbajac? Così come il Parco Verde non l’ha inventato Don Patriciello. Come qualcuno oggi vuol far credere. Lui ha solo sfruttato il suo essere un prete “influencer” per costringere la politica a fare qualcosa in un quartiere dove lo Stato era assente. Riuscendoci.

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Così come ha fatto il giorno della visita della Meloni il nostro Vescovo Angelo Spinillo. Le polemiche con Saviano le lasci a Libero e Pillon.

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