Manchester e Napoli hanno in comune poche cose. Una di queste è la ferrovia. Tutte e due le città ospitarono la prima linea ferrata della loro nazione. Però, mentre la tratta Manchester–Liverpool, inaugurata nel 1830, serviva per trasportare le merci della rivoluzione industriale, la tratta Napoli–Portici era utile al Re per andare nella sua reggia a caccia, e ai napoletani per farsi un giro di piacere con il vestito buono.
Sta tutta lì la sintesi delle due città: operaia e industriale l’una, aristocratica e dedita al piacere l’altra. Non a caso, Manchester ha come simbolo un’ape laboriosa, e Napoli, invece, una mitica sirena. Tutte e due, però, condividono la passione per il calcio.
Loro hanno due tra i club più famosi al mondo. Noi, abbiamo Maradona. Strana, poi, la storia del City: caduto in disgrazia e da sempre umiliato dai cugini dello United, nel 2008, da cenerentola si trasforma in una splendida principessa grazie ai petrodollari degli sceicchi di Abu Dhabi.
Elegge un suo profeta: Pep Guardiola. E tinge di celeste il mondo del calcio. Il Napoli, invece, lo sceicco, come speravano tanti tifosi, non l’ha mai trovato. Ma dalle disgrazie ne è uscito lo stesso. E qui la storia sembra essersi divertita a invertire i ruoli. A Manchester la fortuna è arrivata in stile lampada di Aladino, con una società pronta a non badare a spese pur di togliersi ogni sfizio, quasi fosse un re Borbone.
A Napoli, invece, la svolta è arrivata con un presidente attento e laborioso come un’ape, capace di costruire allo stesso tempo la squadra campione d’Italia e la società più sana d’Europa. Questa sera, alle 21, questi due mondi si scontreranno per la loro prima partita di Champions della stagione. Da un lato le stelle miliardarie dei Citizens, dall’altro il Napoli operaio di Conte, che urla: “Amm’ faticà.”