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Accoltellato ai baretti di Chiaia, la madre di Bruno: “Sbagliato trasferirci a Napoli, sembra Gomorra”

È un racconto che unisce dolore, paura e una profonda riflessione sulla sicurezza in città quello affidato al Corriere della Sera da Dorotea, madre di Bruno Petrone, il giovane calciatore rimasto gravemente ferito dopo essere stato accoltellato ai baretti di Chiaia. Una testimonianza che va oltre il dramma personale e si trasforma in una denuncia sul clima di violenza che, sempre più spesso, segna le notti della movida napoletana.

“Siamo venuti a Napoli per realizzare il suo sogno”

La famiglia di Bruno si era trasferita a Napoli da Minturno per permettere al ragazzo di inseguire il sogno del calcio. “Siamo venuti a Napoli da Minturno per seguire mio figlio che era stato ingaggiato da una squadra di calcio. Abbiamo deciso di aiutarlo a realizzare il suo sogno”, racconta Dorotea nell’intervista al Corriere della Sera. Una scelta fatta con entusiasmo e fiducia, oggi messa drammaticamente in discussione.

“Ora penso forse che abbiamo sbagliato tutto”

Dopo l’aggressione, il pensiero della madre si fa amaro. “Ora penso forse che abbiamo sbagliato tutto”, confessa. Parole che riflettono lo smarrimento di una famiglia che si ritrova a fare i conti con una violenza improvvisa e inspiegabile, maturata in uno dei luoghi simbolo della socialità cittadina.

“Troppe armi e troppa violenza: sembra Gomorra ogni sera”

Nel suo racconto, Dorotea esprime una forte preoccupazione per la sicurezza a Napoli. “Succede ovunque, ma qui ci sono troppe armi, troppa violenza e gli episodi sono troppo frequenti. Sembra di vivere un episodio di Gomorra ogni sera, non si può”, afferma la donna, sottolineando come la paura sia diventata una costante.

La paura di ogni madre

La vicenda di Bruno tocca una corda profonda, comune a tanti genitori. “Una mamma spera sempre il meglio per un figlio e si pensa: ‘a me non succede’. Ma poi accade quello che non deve accadere”, racconta Dorotea al Corriere della Sera. Sullo stato di salute del figlio, spiega che il ragazzo sta migliorando, anche se non è ancora fuori pericolo.

La dinamica dell’aggressione resta da chiarire

Sull’episodio avvenuto ai baretti di Chiaia, la madre ammette che molti aspetti devono ancora essere chiariti. “La dinamica non mi è ancora chiara. So che i carabinieri, visionando le immagini delle telecamere di sorveglianza, hanno ipotizzato un’azione mirata, ma io non escludo che possa essersi trattato di un errore di persona”, dice, escludendo qualsiasi coinvolgimento del figlio in risse o litigi.

“Mio figlio non è un attaccabrighe”

Dorotea difende con forza Bruno. “Mio figlio non è un attaccabrighe”, ribadisce. “Non è una testa calda, è un salutista, non fuma e non beve. Non riesco a spiegarmi cosa possa essere accaduto”, aggiunge nell’intervista al Corriere della Sera, restituendo il ritratto di un ragazzo lontano da ambienti violenti.

Una vita dedicata al calcio

Il calcio è il centro della vita di Bruno. Dopo aver trascorso le festività a Formia dai nonni, era tornato a Napoli per allenarsi. “Vive di calcio. È un numero 10, tifa per il Napoli e ora gioca in Eccellenza, ma a 16 anni ha esordito in serie C”, racconta la madre, sottolineando quanto lo sport rappresenti il suo presente e il suo futuro.

L’appello ai genitori dei responsabili

Nonostante il dolore, Dorotea evita parole di odio verso chi ha aggredito il figlio. “Non posso augurare loro del male, sono una madre e si tratta di ragazzi”, spiega. Ma lancia un appello diretto ai genitori dei responsabili: “Chiedo di farsi un esame di coscienza. Ogni mamma è capace di accorgersi se un figlio è a rischio per sé o per gli altri, se ha una parte cattiva. E dovrebbe porre rimedio”.

La scena in ospedale: “Potrò tornare a giocare?”

Il momento più toccante del racconto arriva in ospedale. “Sono entrata nella stanza di Bruno e sono riuscita a dargli un bacio. Lui mi ha stretto la mano facendomi intendere di stare tranquilla”, racconta Dorotea. Poi, senza parlare, con il labiale, il ragazzo le ha fatto una sola domanda: “Potrò tornare a giocare?”. Una frase che racchiude la sua speranza e il sogno che, nonostante tutto, non vuole abbandonare.

Dorotea ha trascorso l’intera notte al capezzale del figlio insieme all’altra figlia, dopo aver saputo che Bruno era finito in ospedale con gravi ferite, accoltellato da alcuni minorenni mentre si trovava a Chiaia. Una vicenda che, come emerge dall’intervista al Corriere della Sera, riaccende il dibattito sulla sicurezza e sulla violenza giovanile nel cuore della movida napoletana.

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