Arrestare i pusher che vendevano la droga a prezzi troppo bassi rovinando la piazza. Era uno degli obiettivi di Giuseppe Montella, l’appuntato considerato il leader del gruppo di militari-deliquenti che agiva nella caserma Levante di Piacenza.

Ieri Montella è stato sentito dal giudice per le indagini preliminari, tentando di spiegare quel lunghissimo elenco sterminato di contestazioni, supportate da intercettazioni e pedinamenti della Guardia di Finanza. Anche Giacomo Falanga, un altro dei militari che avrebbe partecipato ai pestaggi e agli arresti illegittimi, ha deciso di rispondere.

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Montella e lo spaccio

È il 9 marzo quando Montella parla con il suo fornitore di droga. I due discutono di un pusher, Ramy, che gli starebbe rovinando la piazza, vendendo hashish a prezzi troppo bassi, 5,50 euro al grammo. “Ci sta uno che lo vende a cinque e cinquanta, c’ha lo stesso coso con il fantasmino come il nostro e non so chi è, infatti lo devo beccare perché lo vendevo a sette, a otto”. E ancora: “Devo beccare questo qua che vende il fumo a quel prezzo là che lo devo fare fuori perché m’ha calato il prezzo”.

Lo smercio tramite Montella aveva fatto crescere notevolmente il giro di affari del fornitore del carabiniere. Tanto che lo spacciatore diceva: “Io con mille euro mi ci lavo i denti”. Ma il fratello dello spacciatore, anche lui arrestato, sottolineava: “Adesso, stai facendo i soldi perché ci sta Beppe. Sì, hai le conoscenze, ma mica avevi la testa”. E Montella conferma: “Lui ha quintuplicato i guadagni perché io ho due-tre contatti che mi chiedono l’impossibile. Però, molte volte, lui vuole fare delle cose, io gli faccio: No, non vanno fatte perché secondo me c’è questo rischio qua, quindi ora usa molto più la testa, mentre prima non la usava, no?”.

 

 

 

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