agostino d'alterio condanna clan mallardo giugliano

Emessa nella serata di ieri la sentenza della terza sezione della Corte d’Appello di Napoli a carico di D’Alterio Agostino. L’uomo è accusato di associazione a delinquere nell’ambito delle indagini iniziate a seguito della sottoposizione alla libertà vigilata di Francesco Mallardo a Sulmona.

La Corte d’Appello ha rideterminato la pena inflitta in primo grado, portandola dai 9 anni e 4 mesi ad otto anni. Restituiti i due immobili confiscati.  A distanza di un anno dalla sentenza emessa allora dal GIP (03/10/2018), gli avvocati Paolo Trofino e Marco Sepe, sono riusciti a dimostrare attraverso articolati e plurimi motivi, nonchè consistenti allegazioni, gli errori nella dosimetria della pena e la legittima provenienza dei beni, in particolare due abitazioni all’interno di uno stabile sito in Giugliano in Campania.

Questo tuttavia è solo uno dei processi a carico di D’Alterio Agostino, che risponde di due associazioni per periodi diversi, in due distinti processi. Il primo riguarda il mercato ortofrutticolo di Giugliano, per il periodo che va dall’anno 2011 al maggio 2013, per il quale il tribunale gli ha inflitto una pena di anni sette. Il processo si sta celebrando dinanzi alla 5 Sezione della Corte di Appello di Napoli. Il secondo, per il quale è stata emessa sentenza nella serata di ieri, vede D’Alterio condannato a otto anni per il periodo giugno 2013 – gennaio 2015.

Il ruolo di D’Alterio nel clan

Secondo gli investigatori, Agostino d’Alterio avrebbe avuto un ruolo intermediario curando i rapporti tra gli esponenti del clan e i detenuti della cosca dei Carlantonio. Non solo, avrebbe collaborato nella gestione della cassa comune del sodalizio criminale. Contabilizzava e distribuiva le cosiddette “mesate” agli affiliati e ai familiari dei sodali in carcere. Il suo primo arresto risale al 2015, quando fu coinvolto nel blitz che portò alla luce gli affari dei Mallardo nel mercato ortofrutticolo di Giugliano. In particolare, secondo le indagini, D’Alterio lavorava a fianco di Antonio Picardi, figlio di Patrizio. Metteva a disposizione il suo ufficio come base operativa per le decisioni del clan da imporre agli imprenditori ortofrutticoli.

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