parco verde cinque casi di pedofilia in due anni

Il Parco Verde di Caivano è salito più volte agli onori della cronaca in passato, per fatti legati al mondo della criminalità organizzata e in particolare al traffico di sostanze stupefacenti. Eppure negli ultimi anni a renderlo famoso sono stati vari casi di pedofilia, spesso culminati anche con la morte delle giovani vittime.

Con il caso di Angelica (nome di fantasia) scoperto ieri, siamo a cinque negli ultimi due anni e mezzo. Per dieci anni è stata violentata dallo zio e, oggi che ne ha 15, è riuscita a trovare la forza di denunciarlo. Soprattutto grazie al supporto di un’amica, alla quale confidava le angherie e le violenze perpetrate negli anni, mai svelate alla famiglia e segnalate ai carabinieri. La madre non era a conoscenza di tutta questa drammatica vicenda e, appena l’ha saputo, è corsa dalle forze dell’ordine a denunciare. E questa è una novità nei cadi di pedofilia del Parco Verde. Spesso infatti i familiari delle vittime si chiudono dietro un impenetrabile muro di omertà.

Quando nell’aprile del 2016 infatti fu arrestato Raimondo Caputo per gli abusi perpetrati sulla piccola Fortuna Loffredo, il pubblico ministero sottolineò il ruolo decisivo delle amichette di Fortuna che avevano inchiodato Titò. La madre della vittima non aveva mai denunciato il compagno, anzi è stata condannata a dieci anni per concorso negli abusi e risulta ancora indagata per la morte del figlio Antonio, deceduto l’anno prima di Fortuna. E qualche anno prima, sempre al Parco Verde, fu arrestata una coppia di coniugi con l’accusa di aver abusato sessualmente del figlio di 12 anni.

Agghiacciante fu poi il racconto di Caputo, che descrisse il palazzo dove la piccola Fortuna viveva, come il palazzo dei pedofili. Una fitta rete di connivenze, silenzi e complicità che avrebbe favorito l’esistenza di questo giro nel palazzo degli orrori. I pedofili, che spesso erano gli stessi genitori dei bimbi abusati, si coprivano a vicenda e, in più occasioni, avrebbero sviato le indagini degli inquirenti. Così si espresse in merito Titò, nel corso di una breve udienza: “In quell’isolato, al primo piano, c’era la stanza dei bambini… Lo sapevano tutti e tutti sapevano quello che succedeva. Tanto che uno degli inquilini è stato condannato a dieci anni per aver abusato della figlia dodicenne. Tutti andavano li e facevano quel che volevano con i piccoli. C’è chi se li giocava a carte. In quel maledetto posto, abitato da napoletani, mi hanno messo in mezzo, perché io non sono del loro ambiente. Io sono di Afragola”.

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