Un racconto choc emerge dai verbali delle dichiarazioni della 26enne polacca violentata dal branco a Rimini (due fratelli marocchini di 15 e 17 anni, un 16enne nigeriano e il capobranco, Guerlin Butungu, 20 anni). Particolari agghiaccianti che secondo gli investigatori rivelano la crudeltà degli stupratori. Nelle sette pagine di ognuno dei tre provvedimenti di fermo, sono ripercorse le denunce delle vittime, che trovano riscontro nei referti del pronto soccorso.

La turista polacca di 26 anni riferisce con precisione i particolari della brutale aggressione: “Mi immobilizzavano, buttandomi a terra, poggiandomi di schiena sulla sabbia e colpendomi con più colpi al volto, alla testa e sul corpo… mentre potevo accorgermi che il mio amico era immobilizzato pure lui sulla sabbia con una persona sopra, i tre, tenendomi anche per la gola quasi a strozzarmi, facendomi rimanere senza respiro, mi calavano i pantaloni e poi gli slip. Mentre i due mi tenevano ferma con le gambe aperte, il terzo abusava sessualmente di me, penetrandomi nella vagina, dando poi il cambio agli altri due, che mi penetravano anche loro nella vagina… durante questa interminabile azione, durata secondo me più di venti minuti, e mentre i miei aggressori mi dicevano in inglese “I kill you”, sentivo che il mio amico veniva picchiato brutalmente”.

Poi la seconda parte della violenza: “Senza che io potessi in nessun modo reagire, neppure urlando visto che ero stremata, senza forze e impaurita, nonostante fossi cosciente, venivo trascinata dai tre fino in acqua, sulla riva, dove mi gettavano addosso l’acqua come per lavarmi o per farmi riprendere, probabilmente perché risultavo paralizzata senza di fatto cenni di vita. Dopo essermi agli occhi degli aggressori di fatto ripresa, venivo nuovamente trascinata da questi per circa due-tre metri verso la spiaggia, ad almeno 15 metri dal mio amico, che sentivo ancora lamentarsi. Ancora immobilizzata da almeno due di questi, ancora di schiena sulla sabbia, venivo girata su un fianco e penetrata contemporaneamente da due di questi criminali sia in vagina sia nell’ano ove mi eiaculavano”. Il gip scrive a pagina 6 del provvedimento che in realtà, dagli interrogatori del nigeriano di 16 anni e del marocchino di 15, emerge che la ragazza era stata trascinata in acqua “perché le sue parti intime erano piene di sabbia e ciò rendeva difficoltosa la penetrazione; infatti, dopo il lavaggio nel mare, gli aggressori hanno ripreso a violentarla più volte”. Nessuna pietà, quindi, nessun timore nel vederla in stato catatonico.

Terribile anche la ricostruzione della transessuale peruviana, violentata poco dopo: “Uno dei ragazzi neri mi ha preso per i capelli, trascinandomi con forza oltre via Flaminia, dove vi erano cespugli rigogliosi. Io cercavo di oppormi (…) uno mi colpiva alla testa con una bottigliata, mentre il secondo mi sferrava un pugno allo zigomo”. Nell’ ordinanza di convalida del 20enne congolese, la trans attribuisce a Guerlin Butungu il primo pensate approccio: “Tu chi cazzo sei, uomo o donna? Tu che hai, la figa o il cazzo?”, mettendogli una mano sulla vagina, le urlava: “Se c’ hai il cazzo ti ammazziamo”.

La prostituta aveva quindi raccontato che, minacciata di morte, “rimanevo in piedi, mentre tre mi tenevano stretta e uno mi violentava, per poi darsi il cambio con il secondo giovane. Poi mi sdraiavano a pancia in su e anche qui venivo violentata dagli altri due giovani. Non contenti, i primi due che mi avevano violentata, ricominciavano a turno a violentarmi, eiaculandomi senza preservativo nella vagina”. Nelle loro parti intime, la trans si accorge che c’è della sabbia. Ma la vera prova che la gang sia la stessa che ha aggredito i polacchi è che sulla Statale, dietro quei cespugli, la banda lascia la telecamera e l’orologio rapinati al ragazzo.

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