Attraverso il post di un utente sul gruppo Facebook Giuglianesi Orgogliosi si apprende una splendida storia scritta su Repubblica nel Marzo del 1984 di un Giuglianese “dimenticato”, il tenente Elvio Melorio, che salvò la vita all’ex presidente della Repubblica, forse il più amato, Sandro Pertini:

“IL CUORE DI PERTINI SI ERA FERMATO
ROMA Adesso sta meglio, si agita e sonnecchia ad intervalli in una stanza ad un letto del Centro di rianimazione del Policlinico. Ma alle 11,50 di ieri mattina, nella basilica di San Lorenzo che grondava dolore per l’ ultima vittima del terrorismo, il cuore di Sandro Pertini si era fermato.

Aveva ceduto al dolore, forse all’ emozione, forse al primo tepore dell’ anno. Prima un capogiro, mentre in piedi sul primo banco ascoltava la preghiera dell’ aviatore. Sembrava avere superato la crisi. Perchè non ti siedi?, gli aveva raccomandato Francesco Cossiga. La risposta era stata: No, sto bene, sto bene. Era giunto con un po’ di ritardo alla cerimonia funebre per il povero generale Giorgieri, fendendo la folla, salutato da molti inchini e invitato dal capo dello Stato a prendere posto accanto a lui e ad un altro ex presidente della Rapubblica, Giovanni Leone. Craxi, alla sinistra di Leone, lo aveva accolto con un deferente cenno del capo. Lo stesso avevano fatto, alle sue spalle, Spadolini e Andreotti. Era pallido, accaldato. Non pareva vivace e in vena come il giorno prima quando, nella stessa chiesa, aveva pianto, stretto i denti e pronunciato parole furenti contro i terroristi. A superare quella breve vertigine aveva forse contribuito anche il perentorio squillo di tromba che ordinava il presentat’ arm. I quattro ufficiali del picchetto d’ onore mostravano le armi, gli ufficiali scattavano sull’ attenti facendo risuonare tra le mura della basilica di San Lorenzo il secco e limpido impattare dei tacchi.

E’ stato in quell’ istante che al novantenne ex presidente si son di nuovo piegate le ginocchia. Cossiga e Leone lo hanno afferrato per le braccia, il capo reclinato all’ indietro è stato sorretto da Craxi. Aveva la bocca spalancata e gli occhi acquosi. Accorrevano in molti – Spadolini, il comunista Baracetti, Lattanzio, due ufficiali medici – mentre intorno la cerimonia funebre andava esaurendosi senza però curarsi del nuovo evento. Gli ufficiali sull’ attenti sbirciavano quel trambusto, dalla tromba continuavano ad uscire note di dolore. Pertini aveva avuto un arresto cardiaco. Adagiato sulla panca della chiesa, stava morendo.

Sarebbe sicuramente morto se il tenente-generale Elvio Melorio, direttore della Sanità militare, un napoletano di 65 anni dai capelli grigi e i riflessi scattanti, non gli avesse subito praticato un massaggio cardiaco. Melorio ricorda: Il cuore non batteva più, la circolazione del sangue era ferma, gli occhi sbarrati. Il presidente aveva naturalmente perduto conoscenza. Ho unito le mani e premuto con tutto il peso del mio corpo sul suo torace. Dopo pochi secondi ha ripreso conoscenza farfugliando poche parole: mi fai male, mi fai male… Due infermieri e una barella tagliavano di corsa la basilica che stava ora recitando il Padre nostro. Almeno dieci mani premurose vi sistemavano il corpo ossuto di Pertini. Un generale che con l’ ex presidente aveva trascorso tre anni al Quirinale, gli aveva tolto e conservato gli occhiali dalle spesse lenti.

Nell’ ambulanza verde- oliva targata Aeronautica militare, cinque ufficiali medici e un funzionario del Senato, Arpinelli, accompagnavano il malato nel breve tragitto fino al Policlinico. Con la maschera ad ossigeno sul volto, Pertini sembrava reagire bene. Si muoveva, tirava su con le mani le coperte. Sono le 12,20 quando il vecchio capo dello Stato entra nella sala del Pronto soccorso. Pochi minuti dopo, Craxi e Spadolini siedono in una cameretta della direzione amministrativa dell’ ospedale in attesa di notizie.

Lo raggiungono Antonio Ruberti e dopo il rettore dell’ Università, il presidente del Senato Amintore Fanfani. Pertini sembra a disagio. Lasciatemi in pace – dice ai medici – sto meglio, voglio tornare a casa. Poi cade in un nuovo torpore. Un giovanotto esce con in mano le scarpe, i calzini, il doppio petto blù, le bretelle bordeaux del senatore. Una barella trasporta Pertini giù nel seminterrato, reparto di neurochirurgia traumatologica, dove verrà sottoposto alla Tac. Mi state spupazzando un po’ troppo, protesta l’ indomabile senatore. Impazzisce il centralino del Policlinico: telefonano da tutta Italia per sapere come sta il presidente. Sta bene, dice la Tac. O meglio: il cervello non ha riportato alcuna lesione. Lo staff medico s embra avere ricevuto la consegna di minimizzare oltre le più rosee indicazioni. Si è trattato di un banale malessere, afferma Silvano Becelli, direttore della clinica chirurgica di pronto soccorso. Spadolini tira un sospiro: Ci ha fatto prendere un grande spavento.

Che cosa si temeva? Un ictus, soprattutto, nel qual caso la vita di Pertini davvero sarebbe stata appesa ad un filo debolissimo. Pericolo scongiurato? Di fronte ad una domanda così netta, i medici ottimisti diventano prudenti. Il professor Alessandro Gasparetto, direttore dell’ Istituto di rianimazione, sostiene che Pertini ha ripreso benissimo, il chè dimostra che è una persona sana, ma anche che versa in uno stato di coscienza un po’ obnubilato. Gli esami offrono esiti confortanti, anche l’ elettrocardiogramma e anche la pressione arteriosa si è riassestata su valori normali. Aggiunge Gasparetto: I riflessi sono buoni. Se sollecitato, risponde e riconosce. Ma per avere un quadro esatto della circolazione del cervello occorre ripetere la Tac entro le prossime 48 ore. Prognosi? Riservatissima. Terminati gli esami medici, Craxi e Spadolini chiedono di vedere Pertini. E’ possibile? Certo che è possibile. Il presidente del Consiglio si accosta al lettino dell’ anziano compagno di partito: Mi riconosci?. Ma certo che ti riconosco, non sono mica rimbecillito. In serata è stato il presidente della Repubblica Cossiga a recarsi aal policlinico per informarsi sulle condizioni di salute di Pertini. Bloccato dai medici invece Giovanni Paolo II che si è convinto a non raggiungere l’ istituto di rianimazione soltanto dopo aver appreso che i sanitari sconsigliavano le visite. La sorte di Pertini sta a cuore all’ Italia intera.

di FRANCO RECANATESI”

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