Una sola condanna e tre assoluzioni: è il verdetto emesso dalla prima sezione della Corte d’Appello di Napoli, presieduta da Giovanni Carbone, al termine del processo a carico di quattro imputati coinvolti nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sul traffico di droga all’interno della casa circondariale di Secondigliano.
Sistema di spaccio nel carcere di Secondigliano: una condanna e tre assoluzioni in appello
A essere condannato è stato il solo Salvatore Mavilla, 62 anni, ex agente della polizia penitenziaria originario di Frattaminore, per il quale è stata confermata la pena di 13 anni di carcere. Sono invece stati assolti, con differenti formule, gli altri imputati: Mario Fabozzi (58 anni, di Aversa), Francesco Gigante (61, di Giugliano in Campania), condannato in primo grado a 7 anni e oggi assolto, e il detenuto Gennaro Ruggiero (56 anni, napoletano). Le motivazioni dell’assoluzione vanno dalla mancata commissione del reato all’inesistenza dello stesso. Francesco Gigante da Gennaro Amelio e Amerigo Russo, Mario Fabozzi è difeso da Ferdinando Trasacco e Fabio Ucciero, Gennaro Ruggiero da Amerigo Russo e Giuseppe Ricciulli e Mavilla da Antonio Russo.
L’indagine, coordinata dalla DDA e condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Napoli in collaborazione con il nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, si era concentrata su un presunto sistema di gestione dello spaccio dietro le sbarre, con la complicità di alcuni agenti. Le accuse includevano associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione, e accesso illecito a dispositivi di comunicazione per i detenuti.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
L’inchiesta si era avvalsa delle rivelazioni di ben 11 collaboratori di giustizia, ex esponenti di rilievo della camorra, che avevano descritto nel dettaglio un articolato sistema di spaccio interno al carcere, in particolare nel padiglione Ligure. Secondo la ricostruzione dei pm Luigi Landolfi e Simona Rossi, gli agenti corrotti permettevano l’ingresso in carcere di droga, cellulari, profumi e altri oggetti proibiti in cambio di compensi ben definiti: 400 euro per la droga, 300 per un cellulare, 250 per altri oggetti, 1.200 euro per cambiare cella e 5.000 euro per trasferimenti in altri istituti.
I contatti con i clan criminali esterni erano gestiti attraverso le famiglie dei detenuti o tramite un parcheggiatore abusivo che fungeva da intermediario. Il denaro veniva consegnato agli agenti attraverso questi canali. La sostanza stupefacente, nascosta in borselli, veniva poi recuperata in prossimità del campo sportivo e distribuita nel carcere partendo dalle cucine, dove veniva frazionata per essere successivamente venduta ai detenuti.
In primo grado, il Tribunale di Napoli aveva inflitto pesanti condanne a tutti gli imputati: 13 anni a Mavilla, 11 a Ruggiero, 7 a Gigante e 6 anni e mezzo a Fabozzi. Tuttavia, in Appello, solo la condanna a Mavilla è stata confermata.