Il grande centro. L’ultima, grande ossessione di Matteo Renzi. Dal palco della Leopolda l’ex premier lancia la prospettiva politica dei prossimi anni. Al di là di tutto. Uomini, schieramenti e tanto altro. Il polo centrista è la sua idea nella storia. Fin dai tempi del Pd. Quando tentò, e per un periodo ci riuscì, di rafforzare l’anima moderata del partito spedendo all’opposizione gli ex PCI.

Il grande centro di Matteo Renzi

Da allora sembra passata un’eternità. Ora la partita s’infiamma. Fra la partita per il Quirinale e le prossime Politiche (secondo Renzi si voterà nel 2022) la missione centrista può e deve avere una forma compiuta. Il grande centro, stando alle parole del senatore di Rignano dell’Arno, è la maggioranza del Paese. Una folta fetta di popolazione che non si riconosce nella destra a trazione Salvini-Meloni e nella sinistra giallorossa. Qualcuno parla di nuova Dc. Qualcun altro di Udeur. Restando nella superficie del ragionamento. Per dar vita al centro italiano occorrono temi, proposte e struttura. E che al netto di includere i politici moderati (Calenda, Carfagna e Forza Italia) possa parlare al Paese. Senza litania e senza frasi fatte.

L’accordo con Micciché in Sicilia conferma questo e tanto altro. Come se fosse un embrione del progetto in cantiere. Ma alla Leopolda è accaduto anche altro. Con ogni probabilità Renzi ha definitivamente rotto i ponti col mondo di sinistra. Con quel Pd perdutamente innamorato di Conte, M5s e dintorni. In altre parole alla Leopolda si è sancita la rottura ufficiale fra Renzi e quel mondo che dopo di lui è tornato a subire cocenti sconfitte. Renzi può apparire antipatico. E forse lo è. Può sembrare presuntuoso. E probabilmente lo è. Ma resta un leader politico vero che a differenza di qualcuno non ha mai nascosto le grandi cadute. Costellate da altrettante risalite. Perché come diceva il vecchio saggio. Nella vita non si vince e non si perde mai per sempre.

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