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Tra i tanti ruoli riconosciuti all’interno del clan Soraniello c’era persino quello di un fruttivendolo, a cui spettava il compito di custodire l’arsenale e i carichi di droga della cosca del rione Traiano. E’ quanto emerge dalle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli nei confronti dei 29 indagati finiti in manette questa mattina, 18 settembre, nell’ambito del bitz eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Napoli.

Napoli, droga e armi dal fruttivendolo: il nascondiglio del clan Soraniello

E’ il 13 gennaio 2021. In un negozio di frutta che si trova a Bagnoli, i carabinieri scoprono una “santabarbara” criminale: 10 mitragliatori (5 kalashnikov e 5 pistole mitragliatrici), un fucile a pompa, 11 pistole, un silenziatore, 328 proiettili di vario calibro, 3 giubbotti antiproiettile e 14 chilogrammi di droga (11,296 di hashish e 2.621 di marijuana).

L’episodio provocò il disappunto del boss Soraniello che, in una intercettazione ambientale captata dagli carabinieri commenta sconfortato l’accaduto parlando con una persona nopn identificata: “Si sono portati tutto quanto, Ci hanno spogliato nudi, hai capito?”.

A gestire quel negozio, come ricorda l’Ansa, era Salvatore Vivenzio (nella foto), cognato del boss Soraniello, arrestato in quell’occasione e successivamente condannato in primo grado il 22 luglio dello stesso anno dal Tribunale di Napoi. Vivenzio svolgeva anche il ruolo di corriere. E proprio i suoi spostamenti e le sue mansioni nel clan hanno condotto gli investigatori a ricostruire una parte della filiera dei traffici illegali gestiti dal clan Soraniello.

In fuga il boss e il narcos della cosca

Il blitz di questa mattina è il risultato di un’attività di indagine che va avanti da almeno due anni. Nell’operazione però due elementi apicali sono sfuggiti alle manette: si stratta del boss Simone Soraniello e di Simone Bartiromo, narcos di Marano diventato punto un riferimento nell’approvvigionamento della cocaina dopo l’arresto del narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale e del suo braccio destro Bruno Carbone. Un terzo indagato, Giuseppe Gaetano, è invece deceduto poco prima dell’arresto.

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