Fabrizio Corona picchiato da un gruppo di pusher mentre girava un servizio sulla droga alla periferia di Milano. E’ successo ieri sera alle 22 e 30, all’interno bosco della droga di Rogoredo.
All’altezza del cavalcavia Pontinia c’erano delle Land Rover parcheggiate e circondate da tossici. Un uomo ha alzato le braccia e ha iniziato a urlare all’indirizzo dei carabinieri raccontando che Fabrizio Corona era stato assalito dai pusher. I militari dell’Arma sono entrati e hanno trovato il vip 44enne senza maglia né giubbotto, sdraiato a terra, con una leggera ferita al volto. L’hanno accompagnato all’esterno e chiamato un’ambulanza, che ha rifiutato. Non è grave ma secondo la sua versione, che all’una di notte non aveva ancora voluto mettere a verbale, ha rischiato di morire ammazzato.
A quanto poi ha raccontato – anche in alcuni video postati sul suo profilo Instagram – Corona era andato nel boschetto con la troupe di una società che fornisce materiale per la trasmissione ‘Non è l’Arena’ con l’obiettivo di documentare lo spaccio di droga. “Avevo una telecamera nascosta e insieme a un ragazzo mi sono addentrato nel bosco. In cima a una collina, ho trovato due persone, che si sono fatte subito avanti con fare minaccioso… Mi hanno riconosciuto, sia io che il ragazzo abbiamo rimediato dei pugni in faccia…Mi sono trovato per terra, sdraiato con quattro che mi tenevano, uno mi ha puntato il coltello”.
Sempre su Instagram Corona spiega: “Mi sono recato al Bosco di Rogoredo, patria nazionale dello spaccio italiano, dove anche la polizia si rifiuta di entrare. Mentre le uniche inchieste realizzate sono state fatte di giorno da giornalisti accompagnati da polizia di scorta a circondare la zona – prosegue – io mi sono recato lì solo con un operatore e un fonico per raccontare il parallelismo della mia tossicodipendenza e quella che colpisce l’Italia e la povera gente che vede uno stato inerme e una polizia disinteressata. Tutto questo – conclude – solo per raccontare in maniera oggettiva, come ho sempre fatto, la realtà. Ora, in questo momento, ringrazio Dio per aver protetto mio figlio”.