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Non faceva molto per nascondersi Matteo Messina Denaro. Nonostante una latitanza trentennale e l’uso di un’altra identità – Andrea Bonafede – si concedeva persino selfie sorridenti con uno degli infermieri della clinica “La Maddalena”, dove si stava sottoponendo a un ciclo di chemioterapie.

Il selfie di Matteo Messina Denaro alla clinica di Palermo

A diffondere lo scatto è “La verità”. Si vede il padrino immortalarsi insieme a un operatore sanitario della struttura sanitaria. Un dettaglio che non è passato inosservato agli occhi degli investigatori. Appare infatti curioso che un latitante acconsenta a farsi una foto con uno sconosciuto. Significa di certo che era molto sicuro di se stesso e della rete dei fiancheggiatori che lo proteggevano. Non aveva timore di esporsi pubblicamente.

A confermare questa ipotesi è anche il luogo del suo nascondiglio, a Campobello di Mazara. Un appartamento comune, in una zona abitata da tante persone comuni. Un territorio che lui conosceva bene e che frequentava alla luce del sole, senza timore di essere scoperto o stanato dalle forze dell’ordine. Quanti di loro sapevano chi fosse? I riflettori della Procura a questo punto vengono puntati sul sistema che in questi anni ha coperto l’ultimo dei padrini.

Per anni Messina Denaro ha potuto condurre un’esistenza “quasi” ordinaria, munendosi di una nuova identità. Festini hard con donne dell’alta borghesia palermitana, vaccinazioni anti-covid, appartamento in zona residenziale della provincia trapanese a due passi dal suo paese d’origine. E da circa due anni si presentava alla clinica palermitana, elargendo doni e regali a pazienti e operatori sanitari. Con alcuni di loro ha persino stabilito un rapporto personale, fornendo il proprio numero di telefono, come testimoniato da una paziente intervistata da Tv 2000: “Era una persona gentile. Una mia amica ci ha scambiato messaggi fino a questa mattina”, ha dichiarato. Niente che facesse pensare a una latitanza segreta, come quella di Bernando Provenzano. Possibile che nessuno si fosse chiesto che lavoro facesse o chi fosse davvero “Andrea Bonafede”?

Il montone firmato

La presenza di Matteo Messina Denaro non passava inosservata neanche per gli abiti griffati. Sempre “La verità” racconta anche che il montone griffato che il boss vestiva il giorno dell’arresto è un giubbotto chelsea imbottito di Brunello Cucinelli. Del valore di 10 mila euro. Ma su questo, come sull’orologio da 36 mila euro, non ci sono misteri. La sua passione per il lusso avrebbe contributo a identificarlo.

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