Le motivazioni. Il collegio della Corte di Cassazione ritiene che allo stato, per quel che concerne la posizione di Antonio Simeoli, “difettino gli invocati riscontri esterni oggettivi alle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia. Vi è nell’ordinanza impugnata una contraddizione importante, laddove da un lato si ipotizza una sorta di pariteticità sodale tra Antonio Simeoli e Giuseppe Polverino e, dall’altro, emerge una vera e propria sudditanza, psicologica e comportamentale, rispetto al secondo”. Una contraddizione che, secondo i giudici della Corte, non giustificherebbe la misura coercitiva della detenzione in carcere. In riferimento invece alle posizioni di Luigi e Benedetto, il Collegio ritiene che “il Riesame sia incorso in un errore metodologico e valutativo, avendo trasferito la già lacunosa ricostruzione operata per il padre, Antonio Simeoli, sulle singole posizioni dei figli, alla luce del mero rapporto di consanguineità, ipotizzando, senza validi riscontri oggettivi, il ruolo di meri interposti del padre da parte dei due”. E ancora: “Il Tribunale si è limitato ad una mera operazione addizionale delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, accontentandosi di un dato formale di riscontro (il legame parentale) e senza esplorare il significato sostanziale del termine gestione”.
Il futuro. La palla passa insomma nuovamente nelle mani dei giudici del tribunale del Riesame, che si riuniranno non prima della fine del mese e che potrebbero ora optare – in attesa dell’eventuale celebrazione del processo – per la scarcerazione o attenuazione della prima delle due misure cautelari richieste dai magistrati.