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Giulia avvelenata col topicida, la Corte d’Appello: “Impagnatiello non voleva uccidere Giulia”

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“Non vi sono prove che consentano di retrodatare il proposito” di Alessandro Impagnatiello di uccidere Giulia Tramontano “rispetto al giorno” in cui l’ha accoltellata. Averle somministrato il topicida nei mesi precedenti avrebbe avuto lo scopo di causare un aborto spontaneo e dare “una drastica soluzione” rispetto al figlio che la donna aspettava e che lui “identificava come il problema per la sua carriera, per la sua vita“. Sono queste le motivazioni con cui la Corte d’Assise d’Appello, confermando l’ergastolo, non ha riconosciuto la premeditazione al killer di Giulia. Lo scopo dell’avvelenamento era “l’aborto del feto” e non “l’omicidio della madre” secondo i giudici.

Giulia avvelenata col topicida, la Corte d’Appello: “Impagnatiello non voleva uccidere Giulia”

 

La volontà di uccidere la compagna, incinta al settimo mese, spiega la sentenza, sarebbe dunque maturata “non prima” delle 17 di quel sabato di due anni fa, quando Impagnatiello fugge dal posto di lavoro in centro a Milano per non dover incontrare la fidanzata e l’amante, assieme. L’idea di uccidere “insorge quando comprende e realizza di non essere riuscito a dissuadere la sua compagna dall’incontrarsi proprio al bar, suo posto di lavoro. Alessandro Impagnatiello, inoltre, “non si è limitato ad uccidere” la compagna Giulia Tramontano “attraverso il metodo che riteneva più immediato ed efficace” ma “ha voluto dare sfogo ad altro: c’era una furia rabbiosa da scaricare”, una “punizione da infliggere”. Queste le motivazioni con cui la Corte d’assise d’Appello di Milano ha riconosciuto, anche in secondo grado, l’aggravante della crudeltà.

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