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Cassazione blocca l’estradizione di un ucraino: “Rischio trattamenti inumani”. Resta a Giugliano

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La svolta è arrivata il 12 novembre, quando la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la decisione della Corte d’Appello di Napoli che, pochi mesi prima, aveva autorizzato l’estradizione di Artem Turchenko verso l’Ucraina. Una decisione netta, che ha comportato l’immediata liberazione dell’uomo e che ha chiuso – almeno per ora – una vicenda giudiziaria complessa e delicata, intrecciata con il contesto della guerra.

La Cassazione blocca l’estradizione di un ucraino: “Rischio di trattamenti inumani”

 

Sebbene le motivazioni non siano ancora state rese pubbliche, la scelta degli Ermellini sembra orientata a riconoscere un fondato rischio di trattamenti inumani o degradanti in caso di consegna alle autorità ucraine. Un elemento che, nella giurisprudenza italiana ed europea, rappresenta un limite invalicabile all’estradizione. Ed è probabile – come sostenuto dalla difesa, l’avvocato Giuliano Russo – che la Cassazione abbia tenuto conto anche del timore che la detenzione potesse essere strumentale a un arruolamento forzato, in un Paese che da oltre due anni affronta un conflitto totale.

Un caso nato da un’accusa di lesioni colpose per un incidente stradale

 

Per capire la portata di questa decisione bisogna ripercorrere la storia di Artem Turchenko, cittadino ucraino originario di Zaporižžja, regione duramente colpita dalla guerra. Le autorità ucraine avevano richiesto la sua estradizione per un’ipotesi di lesioni colpose legata a un incidente stradale con feriti. Per questi fatti, un giudice ucraino aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Una misura che, secondo la difesa, appariva già di per sé sproporzionata: per un incidente del genere – non aggravato da guida in stato di ebbrezza o altri comportamenti pericolosi – in Italia non sarebbe stata applicata alcuna misura cautelare. Ma non solo. La richiesta cautelare arrivava ben un anno e sette mesi dopo i fatti, circostanza che aveva sollevato più di un dubbio sulle reali finalità del provvedimento.

Dal carcere di Poggioreale ai domiciliari: mesi di attesa in Italia

 

Turchenko era arrivato in Italia nell’aprile 2022, attraversando il confine ungherese per mettersi in salvo dalla guerra. Una volta sul territorio italiano, era stato arrestato in esecuzione della richiesta estradizionale e aveva trascorso: un periodo nel carcere di Poggioreale, e, successivamente, circa sei mesi ai domiciliari, con braccialetto elettronico, come disposto dalla Corte d’Appello di Napoli. La Corte, il 15 luglio 2024, aveva deciso di concedere l’estradizione. Una decisione che l’avvocato Giuliano Russo ha immediatamente impugnato davanti alla Cassazione.

La difesa: “Estradizione strumentale a un arruolamento forzato”

 

Il nodo centrale della strategia difensiva si basava su un sospetto: che la richiesta dell’Ucraina non fosse realmente motivata dall’esigenza di processare Turchenko, ma piuttosto dalla necessità di procedere a un arruolamento coatto, dopo che precedenti tentativi – secondo la difesa – erano falliti.  La Cassazione sembra aver colto la sostanza del problema: estradare Turchenko avrebbe potuto esporlo non solo a trattamenti incompatibili con i principi del diritto europeo, ma anche a una possibile strumentalizzazione della custodia cautelare per esigenze belliche. Nel frattempo, la situazione personale di Artem Turchenko si è consolidata: ha ottenuto in Italia lo status di protezione internazionale, un riconoscimento che tutela la sua permanenza nel nostro Paese e che, di fatto, lo mette al riparo da nuove richieste estradizionali legate al contesto di guerra.

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