La trentenne regista Valeria Gaudieri, di Villaricca, approda alla Mostra del Cinema di Venezia con il suo cortometraggio Sante. Laureata in Filosofia a Londra, con un master in Direzione della Fotografia alla Goldsmiths University e un corso di regia al CSC di Roma, Gaudieri si affaccia sul grande panorama del cinema internazionale con un’opera che fonde radici, memoria e ricerca estetica.
A ispirarla, fin da bambina, il celebre “volo dell’angelo” di Giugliano, rito popolare che torna come suggestivo sfondo della sua storia. Ma Sante non racconta di santi canonizzati né di miracoli: i protagonisti sono “martiri silenziosi”, le donne, costrette a convivere con il conflitto perenne tra ciò che viene loro imposto e la loro autentica identità.
La trama segue Bianca, dodicenne scelta per interpretare l’angelo nella festa del paese, simbolo di purezza e grazia. La sua amicizia con Ginevra incrina la superficie immacolata dell’infanzia e lascia emergere un desiderio nuovo e destabilizzante. Il cortometraggio cattura così il passaggio fragile ma radicale tra purezza imposta e consapevolezza del corpo, tra infanzia ed età adulta.

Con Sante, Gaudieri costruisce un racconto di formazione femminile che interroga le simbologie della grazia e il peso ancestrale della colpa. Un’opera intima e potente che porta la voce di una giovane autrice campana sul prestigioso palcoscenico veneziano. Il corto sarà al cinema dal 9 settembre.
“L’ispirazione per il film Sante, il mio corto di diploma del centro sperimentale di cinematografia di Roma – scuola nazionale di cinema, arriva dalla ricerca personale su un sentimento che mi ossessionava narrativamente parlando, ovvero il senso di colpa che caratterizza il femminile nella cultura patriarcale. Tutte noi abbiamo sempre sentito un senso di colpa latente, sotterraneo, viscerale che finiva per trasformarsi in altre cose, in altri traumi, condizionamenti – commenta Gaudieri -. Ho iniziato a domandarmi da dove arrivasse, quand’è che ci viene trasmesso e perché. Allora ho ragionato sul momento di soglia in cui da bambine diventiamo adulte, giovani donne, per riflettere sulla dicotomia dello sguardo altrui e la nostra percezione di noi stessi. La festa del volo dell’angelo, è solo una metafora in questo senso, lirica e piena di commozione, del volo nell’ignoto che noi tutte compiamo quando realizziamo che quello che ci è stato raccontato non è la nostra storia, è una bugia e che noi invece possiamo scrivere il nostro nuovo e personale Vangelo se troviamo il coraggio di affrontare il vuoto e saltare libere verso l’assoluta libertà”.