Un clan feroce, quello degli Orlando. Spietato, in rapida ascesa. Capace di estendere i propri tentacoli su ogni tipo di attività illecita: dal racket alla droga, passando per gli appalti e il contrabbando di sigarette.

La cosca è stata decimata dal blitz che ieri ha portato ad arrestarne 32 affiliati, e a decapitarne i vertici, rappresentati dai tre fratelli: Angelo, Gaetano e Antonio (quest’ultimo latitante dal 2003). Ma da dove nasce il clan? Come ha preso l’intero controllo del territorio maranese soppiantando i Nuvoletta e i Polverino a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000?

I rapporti con i Nuvoletta. Storia lunga, che affonda le sue radici negli anni ’80. Forti di alcuni legami di parentela con i boss di Poggio Vallesana, gli Orlando sono sempre stati radicati nella compagine criminale maranese. Da buoni soldati, non hanno mai alzato la testa né avanzato pretese superiori a ciò che concedevano i capi storici. Negli anni ’90, però, i rapporti di forza della criminalità organizzata a nord di Napoli si invertono: i Nuvoletta cedono terrono ai Polverino di “copp ‘a muntagna”. I quartesi, guidati da Peppe ‘O Barone, diventano i padroni del narcotraffico dal Sud America. Gli Orlando vengono assorbiti dal clan nascente, ben lieto di accogliere nella sua famiglia gli Orlando per spaccare definitivamente i Nuvoletta e relegarli ai margini del potere criminale maranese.

Il passaggio con i Polverino. A fare luce su quest’ultimo aspetto il collaboratore di giustizia Roberto Perrone, uscito dalle fila dei Polverino, che ai magistrati racconterà: “Nel 1997, quando esco dal carcere, trovo i rapporti di forza invertiti. Non solo il clan Polverino si era affermato a discapito dei Nuvoletta. Ma anche gli Orlando, storica costola dei Nuvoletta, si andavano sempre più avvicinando al clan Polverino prendendo le distanze dagli storici alleati”. Un sodalizio criminale che, come racconta sempre Perrone, verrà consacrato a “Vitignella”, località dove si nascondeva “O Barone”. In quella circostanza Angelo e Gaetano Orlando presentarono al boss il nipote Armando e lo rassicurarono sulla fedeltà del gruppo dei “Carrisi” ai Polverino.

Il summit di via Cupa del Cane. Gli scenari cambiano di nuovo negli ultimi anni. Con l’arresto di Giuseppe Polverino, latitante in Spagna, la forza dei quartesi inizia ad incrinarsi. Il vuoto di potere che viene a crearsi nella gestione degli affari illeciti viene riempito a poco a poco dagli Orlando, quasi tutti a piede libero. Il passaggio definitivo di consegne si concretizza nel 2015, durante un summit di camorra, a via Cupa del Cane, con la presenza “rituale” di armi di grosso calibro, come bazooka e kalashnikov. “Stiamo formando un gruppo – dirà, in un’intercettazione del luglio di quell’anno, Angelo Orlando al luogotente Angelo Sarappo – noi vecchi e altri ancora”.

La conquista del potere. Pazienti e attendisti, con i Polverino decimati dagli arresti e i Nuvoletta relegati ai margini, gli Orlando conquistano così una delle fette di territorio più ghiotte dell’area a nord di Napoli. Impongono il racket a imprenditori e negozianti, anche per semplici ristrutturazioni. Prendono in mano le piazze di spaccio e del traffico di hashish dalla Spagna, fino a quel momento appannaggio dei Polverino. Cercano di infiltrarsi nei palazzi del potere, appoggiano la candidatura di un assessore al Comune, controllano il territorio sopprimendo la microcriminalità. Seminano il terrore spaventando i nemici. “Noi buttiamo la gente a terra e la uccidiamo”, intimano a un imprenditore che si rifiuta di pagare il racket. Una supremazia criminale che sarà incrinata soltanto dalla magistratura e dagli arresti di ieri.

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