“Il Pascale è il regno dei tanti cani che lavorano qui in Campania, fino ad un certo punto tutti erano contenti e ognuno mangiava nella propria ciotola. Da quando sono arrivata io e mi sono presa tutte le distribuzioni, ci sono rimasti male e adesso provano in ogni modo a buttarmi giù”. Questo un estratto delle intercettazioni fatte dalla Guardia di Finanza a Giulia Di Capua, la 45enne imprenditrice di Posillipo che da due giorni è agli arresti domiciliari insieme al marito Francesco Izzo, primario di Chirurgia oncologica, perché coinvolta nello scandalo dell’Ospedale Pascale. Lei, insieme ad altri 5, avrebbe pilolato gli appalti per i macchinari destinati ai malati di cancro.

La telefonata tra la Di Capua e Simona Esposito. Il 13 febbraio 2015, così come riporta il Roma, avviene una telefonata tra la Di Capua e Simona Esposito (direttrice commerciale dell’Hs Service). Quest’ultima appare preoccupata in quanto ha appreso che la Di Capua – secondo quanto scritto dal gip – insieme al marito Francesco Izzo, avrebbe preso contatti con una società americana che produce un dispositivo medico che sarebbe stato distribuito dalla Gimed (società di cui era socia la Di Capua) e non più dalla Hs Service della Esposito. Questo fa preoccupare la Esposito anche in merito al fatto che il Pascale in quel momento aveva anche bandito la gara d’appalto aperta con base d’asta di 700 mila euro per l’acquisizione triennale della stessa tecnologia che fino ad allora era sempre tata fornita alla Hs. Morale della favola: la Esposito teme che la sua azienda possa essere estromessa dagli “affari” del Pascale. E’ proprio da qui che emergono le dichiarazioni grazie alle quali la Procura ha messo nero su bianco il fatto che l’Istituto Pascale ha permesso che “in spregio ad ogni regola di buona amministrazione i coniugi (Izzo e Di Capua) facessero dell’approvvigionamento di materiale per la cura di tumori un vero e proprio business”. Un business da quasi due milioni di euro.

Le intercettazioni di Abbondante. Decisive a fini investigativi anche le intercettazioni realizzate a carico di Elia Abbondante. In una conversazione l’allora responsabile dei procedimenti amministrativi del Pascale appare molto preoccupato a colloquio telefonico con uno dei medici del polo oncologico. L’oogetto delle sue preoccupazioni  sono le “visite” della Guardia di Finanza che negli ultimi mesi stavano diventando sempre più frequenti con decine di contratti per l’erogazione di beni e servizi. “Ma che mi devo calmare? – dice Abbonante in una intercettazione – Io mi devo difendere. Io sono al punto che in neonato canceroso non ha più le supposte. Allora urgente, urgentissimo. Noi per tre mesi abbiamo detto mi dai il fabbisogno delle supposte? Non mi rispondi per tre mesi nel frattempo il malato sta morendo. Quindi che fai? Cerchi di recuerare il farmaco che serve. Quindi vai sull’urgenza, ma poi vai a verificare che quella supposta non la tiene solo Elia Abbondante, ma anche Nicola. Allora dopo un anno un anno e mezzo io vengo e dic ‘tu perché hai comprato queste supposte?’ Chi mi dice che non vi siete messi d’accordo? Vengono a scrivere a noi in Procura e ci dicono che facciamo le urgenze artificiose”. Secondo gli inquirenti queste parole confermerebbero non solo che le acquisizioni in via d’urgenza fossero irregolari, ma anche che di tutta questa situazione Elia ne era perfettamente a conoscenza.

 

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