Parla, parla e non si ferma mai Giuliano Pirozzi. Spesso viene anche redarguito dal presidente della giuria e dagli avvocati: “Mettetevi nei miei panni, vi rendete conto di come mi sento adesso?”. Stamattina il processo nella settima sezione penale.  In videoconferenza in collegamento dall’Aquila c’è Feliciano “o’sfregiato”, dietro le sbarre in aula, invece, tre imputati del processo “Caffè Macchiato”, i fratelli Carlo e Pino D’Alterio e Michele Palumbo.

 

Riguardo i rapporti con l’amministrazione il pentito spiega: “Io ero sempre al Comune e con un’associazione sono anche entrato nella commissione pari opportunità. Feliciano mi chiese di essere il grande  fratello dell’amministrazione Pianese. Non si fidava più dei suoi contatti (un consigliere comunale) e voleva me. Io dovevo informarlo su tutto perché con la vecchia amministrazione ci aveva perso”. E qui scatta la domanda sull’ex sindaco Francesco Taglialatela: “È un forte uomo di legge” risponde.

 

Poi fa nomi e cognomi di numerosi consiglieri comunali coinvolti in appalti come la nettezza urbana e la gestione di una struttura sportiva comunale. E ancora. Il comparto pare fosse nelle mani del clan. Lo stesso Feliciano gestì in prima persona i problemi con gli operai:  “Gli operai volevano fare tutti i sorveglianti. Io ne parlai con lui e gli dissi che prima che si rivolgessero a sindaco e assessore era meglio che intervenissimo noi. Ognuno di loro infatti diceva di appartenere a qualche affiliato e non voleva lavorare. Feliciano decise di prendere le redini in mano della situazione”.

 

Parla poi dei direttori di banca compiacenti, commercialisti coinvolti, professionisti ma in questo caso non fa nomi. Così come non li fa quando parla di alcuni avvocati pagati periodicamente dal clan.

 

Il ruolo di Pirozzi era però ben determinato. Era lui a gestire le false pratiche di invalidità con l’Inps: “Ne ho fatta una anche a Giuliano Amicone (uno dei reggenti). A Pozzuoli non vollero rilasciargli nulla. A Napoli tramite conoscenze e un falso elettrocardiogramma ci riuscimmo”.

 

11.30 E’ iniziato questa mattina il controinterrogatorio del pentito del clan Mallardo Giuliano Pirozzi. Protetto da un paravento e con Feliciano Mallardo collegato dall’Aquila in questo momento sta rispondendo alle domande dell’avvocato Nello Palumbo. Ecco le sue dichiarazioni.

Come mai ha deciso di pentirsi?

Io ho sempre aiutato e collaborato con il clan. Poi mi sono sentito tradito. Noi eravamo i riciclatori del clan ed erano mesi che mi sentivo accusato. Mi trovavo contro alcuni familiari. Volevano addebitare a qualcuno gli ammanchi di cassa. Ma tutto si capì quando Picardi mi chiese la Senesi (la ditta dei rifiuti ndr) a chi stava pagando. Picardi mi disse: “Giuliano tu sei di fuori san Nicola voi avete il cervello nelle ginocchia”. Io non sto con l’astio del collaboratore di vendetta. Io sono collaboratore di giustizia. Ero preoccupato per queste accuse.

Qual era il suo ruolo?

Io ero un truffatore per le false certificazioni all’INPS. Portavo un doppio profitto perché erano un incentivo per il libro paga dei fiancheggiatori del clan. Come ad esempio a due della chiesa di San Nicola, gli ho fatto avere il falso accompagnamento, così Feliciano non doveva dargli il 100 il 50 euro ogni giorno.
Io però ho avuto il compito importante di fare da “grande fratello” quando è stato eletto Pianese.

la foto nell’articolo e’ di repertorio e non riguarda il processo in corso

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