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Roma. I fratelli Bianchi arrivano nel carcere di Rebibbia “accolti” tra sputi e urla da parte dei detenuti. La prima cosa che hanno chiesto una volta entrati in carcere è stata: «Ma adesso saremo costretti a bere l’acqua di rubinetto?». I due si trovano in isolamento causa Covid: sperano, tra l’altro, di poterci rimanere ancora a lungo per evitare contatti con gli altri detenuti. Il rischio è che possano essere presi di ira vista l’efferatezza del delitto ai danni di un ragazzino.

L’accoglienza in carcere

«Non vi vogliamo» e sputi al loro passaggio. Così sono stati accolti, nel carcere di Rebibbia a Roma, i presunti assassini di Willy. Il rischio di ritorsioni, dunque, è concreto: da qui la richiesta dei loro legali di continuare con l’isolamento anche nelle prossime settimane.

Intanto proprio stamattina gli avvocati dei due fratelli di 26 e 24 anni faranno ricorso al Riesame contro l’ordinanza di custodia cautelare: proveranno a confutare la trasformazione del capo di imputazione da omicidio preterintenzionale (delitto la cui gravità va oltre quella che può essere stata l’intenzione di chi ha commesso il fatto, ndr) a volontario. Probabilmente faranno leva anche sul fatto che l’arresto sia avvenuto in quasi flagranza, non durante il pestaggio.

Cosa temono

Sono preoccupati i due fratelli dopo aver fatto il loro ingresso in carcere. Nonostante il loro fisico e la violenza usata contro Willy, ora i due picchiatori hanno paure degli altri detenuti. Al giudice e ai vertici del Dap, infatti, è stato chiesto di tutelare la loro incolumità e, dunque, di assicurare il «diritto a una giusta detenzione». Dello stesso avviso il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia secondo cui i tre (escluso, dunque, Belleggia che è l’unico a cui il giudice ha concesso i domiciliari) potrebbero essere «oggetto di attenzioni per così dire sgradite all’interno del carcere».

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