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E’ controcorrente il dottore Giulio Tarro. Virologo di fama internazionale, primario emerito dell’ospedale Cotugno, ha combattuto negli anni una quotidiana battaglia ai virus. Dal colera degli anni ’70, all’AIDS negli anni ’80. Ora, a 81 anni, è in pensione, e assiste dalle retrovie alla guerra intrapresa da Oriente a Occidente contro il Covid-19. Eppure non si risparmia quando si tratta di smontare falsi miti ed allarmismi. A dispetto di quanto dicono tanti suoi colleghi più giovani, è  convinto che con l’estate e le alte temperature il coronavirus avrà vita breve e che addirittura si potrebbe andare a mare.

Giulio Tarro a Teleclubitalia: “Il caldo ci aiuterà a battere il virus. La mortalità è gonfiata”

Nell’ambito dell’intervista rilasciata a Tg Club – speciale virus, il virologo intravede nei prossimi mesi la fine dell’emergenza. “L’estate è nostra alleata. Per allora avremmo concluso il nostro iter e i contagiati avranno sviluppato anticorpi. In altri casi gli anticorpi sviluppati dalle persone guarite saranno utili per aiutare i pazienti più gravi come è stato già fatto in Cina”, ha spiegato.

Non solo. Secondo Tarro il virus ha una “scadenza”: al settantesimo giorno il Covid-19 tende a perdere carica virale e la diffusione subisce una brusca frenata. A confermare questa ipotesi anche uno studio realizzato a Israele. E proprio Israele è il modello epidemiologico che Tarro indica all’Italia per contenere il contagio nella fase successiva al lockdown. “La loro ricetta è efficace – sostiene il dottore – basta isolare gli anziani e i giovani contagiati, senza bloccare l’intero sistema produttivo. La pericolosità di questo virus si è ingigantita troppo. Anche il tasso di letalità è gonfiato. Dovrebbe essere sotto l’un per cento dei contagiati“.

“L’immunità è in parte già diffusa”

L’ex primario del Cotugno non risparmia stoccate anche all’indirizzo dei suoi colleghi più giovani. In particolare su un punto assai controverso: l’efficacia del vaccino, senza il quale, per molti scienziati, non ci potrà essere un ritorno alla normalità. “Roberto Burioni aveva dichiarato il 2 febbraio che l’Italia non correva pericoli. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Certo, ora si parla di vaccino. Il vaccino serve a sviluppare anticorpi e a immunizzare il pazienti. Questi anticorpi però sono già sviluppati in misura maggiore di quanto immaginiamo perché probabilmente nel nostro Paese abbiamo circa 11 milioni di persone contagiate”, ha spiegato Tarro. “Il virus potrebbe diventare stagionale come l’aviaria, oppure diventare regionale“, colpendo così quelle zone che non hanno raggiunto una diffusa immunità.

Più che la vaccinazione di massa, potrebbe rivelarsi utile l’uso di terapie antivirali. Per il virologo napoletano, il farmaco anti-malarico, l’idrossiclorochina, è efficace. “A condizione – ha specificato – che venga usato subito, all’insorgere dei primi sintomi. In questo modo la percentuale delle guarigioni aumenta in maniera consistente”.

Fase 2 e responsabilità politiche

Nel corso dell’intervista, Giulio Tarro ha dismesso per un attimo anche i panni del virologo per commentare la gestione politica dell’emergenza. “Ci sono delle responsabilità storiche – ha dichiarato -. Dal 1997 al 2015 l’Italia ha dimezzato i posti in terapia intensiva. Fino a marzo del 2020 non abbiamo fatto nulla. E dal caso 1 di Codogno occorre capire quali errori sono stati commessi. Ma un dato appare chiaro: al Sud abbiamo saputo contenere l’epidemia meglio che al Nord”.

Per la tanto discussa “fase 2”, infine, chiede di riaprire. “Propongo mare e aria – ha aggiunto con una punta di ironia -. Il virus si diluisce nell’acqua salata”. Infine un commento sul Nobel e collega francese Luc Montagnier, secondo il quale il virus potrebbe essere nato in un laboratorio di Wuhan nell’ambito di una sperimentazione avviata dai cinesi per creare un vaccino contro l’AIDS.  “Ciò che ha detto Montaigner non si può escludere – ha dichiarato Tarro -. Se sia una zoonosi o una creazione poco importa, la priorità è combattere il virus”.

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