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Non c’è ancora un vaccino o un farmaco in grado di debellare il Coronavirus. Ma si utilizzano terapie sulla base di evidenze, soprattutto cinesi, la cui efficacia viene misurata da ricercatori e medici giorno dopo giorno.

Il Mattino ha stilato una vera e propria classifica delle terapie e dei farmaci in corso di sperimentazione. Attualmente, sono sotto esame le terapie immunomodulanti, i farmaci antivirali e il plasma dei guariti. 

TERAPIE IMMUNOMODULANTI

1. Il tocilizumab

Nei giorni scorsi all’istituto oncologico Pascale di Napoli è partita la sperimentazione clinica del Tocilizumab, distribuito gratuitamente dal colosso farmaceutico Roche.

Poi diventato lo studio multicentrico Tocivid-19, autorizzato dall’Aifa, e che al 20 marzo contava già 281 centri e l’arruolamento di 411 pazienti. Il farmaco è un anticorpo monoclonale che inibisce l’effetto dell’interleuchina 6, finora usato nell’artrite reumatoide, in grado di ridurre l’infiammazione.

2. Il farmaco olandese

Anche dall’Olanda arriva un farmaco che promette di distruggere il coronavirus Sars-CoV2. Si tratta di un anticorpo monoclonale, specializzato nel riconoscere la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane.

La ricerca è pubblicata sul sito BioRxiv dal gruppo dell’Università olandese di Utrecht guidato da Chunyan Wang. Saranno però necessari mesi prima che il farmaco sia disponibile.

3. Lo studio immunologico di Modena

Sulla rivista internazionale Cytometry arriva una pubblicazione italiana nella quale per la prima volta sono descritte le alterazioni immunitarie indotte dal virus e la diversa distribuzione dei principali tipi di linfociti presenti nel sangue dei pazienti ricoverati per una polmonite da Covid-19 al Policlinico di Modena. La ricerca è condotta dal prof. Cossarizza e permette una prima identificazione delle alterazioni immunitarie indotte dal virus.

Farmaci antivirali

In assenza di un farmaco specifico contro il Covid-19, si ricorre all’uso di antivirali antichi o ancora in fase sperimentale.

1. Clorochina e idrossiclorochina

La clorochina, come anche l’idrossiclorochina, interferisce con la capacità del virus di replicarsi. Il farmaco era stato scoperto negli anni 40 per combattere la malaria e poi utilizzato anche nel trattamento antireumatico.

A febbraio gli scienziati guidati dal virologo Manli Wang dell’Accademia cinese delle Scienze ha dimostrato in vitro che la clorochina riesce a fermare la diffusione del virus in cellule umane.

Ma poiché a lungo andare rischia di essere tossica, Wang ha preferito l’idrossiclorochina. Questa seconda sperimentazione è arrivata alla stessa conclusione. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cell Discovery.

Gli scienziati di ogni mondo si sono subito attivati e anche in Italia sono state prodotte le linee guida della società scientifica degli infettivologi (Simit). Al momento l’idrossiclorochina è tra i farmaci somministrati ai pazienti Covid-19.

2. Remdesivir

È un antivirale, ancora non registrato usato per combattere l’Ebola, l’utilizzo del Remdesivir, prodotto dalla Gilead, è stato autorizzato dall’Aifa per uso compassionevole. A Genova ha già guarito i primi pazienti. Gli studi inizialmente condotti al Sacco di Milano, a Pavia, a Padova, a Parma e all’Istituto Spallanzani di Roma, sono progressivamente estesi ad altre strutture in tutto il Paese.

Il plasma dei guariti

Poi c’è chi punta su il plasma dei pazienti guariti. Il plasma è, infatti, un componente del sangue che contiene un’alta concentrazione di anticorpi in grado di distruggere il virus.

L’utilizzo del plasma è stato già sperimentato dai cinesi a Wunan e dalla farmaceutica giapponese, Takeda. Quest’ultima sta sviluppando un farmaco usando parti del sistema immunitario prelevate dal plasma delle persone contagiate dal nuovo coronavirus e poi guarite.

L’Avigan

Sui social, intanto, si è attivata la “caccia” al farmaco miracoloso. Qualche settima fa all’attenzione degli utenti è finito l’Abidol, un antinfluenzale usato in Cina e Russia.

Da qualche giorno, invece, non si parla d’altro dell’Avigan, l’antivirale autorizzato in Giappone dal marzo 2014. Entrambi questi medicinali non sono autorizzati né in Europa, né negli Usa.

L’Avigan (nome scientifico Favipiravir) era finora noto alla cerchia ristretta degli addetti ai lavori, ma è diventato famoso grazie a un video su Facebook postato da un farmacista italiano che vive in Giappone. La spiegazione del professionista è stata talmente convincente da spingere ieri il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ad autorizzare una sperimentazione sui pazienti.

Sul caso è intervenuta l’Agenzia del Farmaco (Aifa), che in una nota ha riferito che “ad oggi, non esistono studi clinici pubblicati relativi all’efficacia e alla sicurezza del farmaco (giapponese, ndr) nel trattamento della malattia da Covid-19. Sono unicamente noti dati preliminari, disponibili attualmente solo come versione pre-proof (cioè non ancora sottoposti a revisione di esperti), di un piccolo studio non randomizzato, condotto in pazienti con Covid 19 non grave con non più di 7 giorni di insorgenza”.

Dovendo addirittura ribadire nella stessa nota “che Aifa è costantemente impegnata a tutelare la salute pubblica» e «a non dare credito a notizie false e a pericolose illazioni”. L’Agenzia domani si riunirà per fare il punto della situazione.

 

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