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Il virus visto al microscopio somiglia alla corolla di un fiore con tanti petali rossi. E’ l’immagine che un padre contagiato dal coronavirus ha voluto trasmettere alla figlia di 8 anni, anche lei contagiata.

Coronavirus, il papà alla figlia: dentro di te c’è un fiore

Siamo in Veneto, a Curtarolo, in provincia di Padova, periferia del secondo focolaio italiano dei monti Euganei. “Questo ho detto alla mia bambina, di non preoccuparsi, perché dentro di lei c’è un fiorellino che non le farà male in alcun modo“.

I genitori si sono visti comunicare dall’ospedale che la primogenita è positiva. La bimba sta bene, è asintomatica, non ha linee di febbre. Gioca e disegna felice mentre mamma e papà la osservano nella speranza che non le accada nulla di grave. Monitorano e valutano ogni sintomo e ogni piccolo colpo di tosse. Il contagio, probabilmente, è avvenuto durante una cena nel giorno di San Valentino al circolo degli alpini di Limena, dove la famiglia era presente al completo.

Dopo dieci giorni, il primo a manifestare i sintomi è stato il nonno della bimba, 68 anni, in terapia intensiva. Si tratta di un imprenditore che è stato in contatto con i contagiati della provincia di Lodi. Poi a risultare infettato è stato il figlio del 68enne e infine una delle due bimbe. L’altra, di 3 anni, sorellina della bambina contagiata, per fortuna è risultata negativa.

“Ho pensato a lei, a ciò che potrà accadere da qui in avanti – ha dichiarato il papà a Repubblica -. Ho pensato anche agli altri bambini, a tutti quelli che sono venuti a contatto con lei. La scuola che frequenta è stata chiusa, i suoi compagni dovranno fare tutti il tampone. Noi siamo in quarantena, tutti insieme. Ovviamente facciamo attenzione a ogni minimo segnale, per cogliere ogni eventuale evoluzione”.

Il racconto del virus “buono” per tranquillizzarla

Per tranquillizzare la bimba, il padre si è inventato la storia di un virus buono, una specie di fiorellino che abita in lei, ispirandosi alla forma del coronavirus. “Le abbiamo detto del fiorellino e lei l’ha preso come un gioco – ha spiegato il padre -. L’abbiamo rassicurata, le abbiamo detto di fidarsi dei medici. E’ assolutamente serena. Gioca e basta. Ai compiti per casa non ci pensa neanche lontanamente”.

La gogna mediatica

Ma a preoccupare l’uomo è stata la gogna mediatica. Una volta che i suoi familiari sono risultati positivi al virus, ignoti hanno diffuso i loro nominativi su WhatsApp tra gli altri abitanti del paese. “Qualcuno del paese ha messo in rete i dati sensibili miei, della mia famiglia, di mia figlia – ha spiegato il papà della bimba contagiata – Non può essere dignitosa una cosa del genere. Non ci può essere una simile caccia all’appestato. Un’ora prima che il laboratorio ci comunicasse la positività di mia figlia già i nostri nomi giravano in rete. C’è gente irresponsabile che sui social, specie sui gruppi Facebook dei paesi, fomenta odio e paura. Ho già contattato i carabinieri”.

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