La discussione sui Social Network circa la riforma del mercato del lavoro è il momento più basso toccato finora, sia linguisticamente che politicamente. C’è gente che urla ai diritti incitando alla violenza, che trova soluzioni alla disoccupazione come se stesse giocando a Monopoli, alimentando un sovraccarico di informazioni che ha come unico effetto quello di creare un fastidioso e assordante rumore di fondo.

Questo metodo, questo processo di deliberazione digitale caratterizza gran parte delle discussioni fatte in Rete e la partecipazione, ovviamente molto alta rispetto ai tradizionali spazi di confronto e dibattito, è endogena allo strumento ma – a quanto pare – essa è tanto una opportunitá democratica quanto un limite alla qualitá della stessa. Discutere di democrazia è certamente un tema complesso e – questa frase suonerà un po’ élitiaria – non è alla portata di tutti, e lo è ancor di più se si vuole comprendere quanto una democrazia possa essere valutata sotto il profilo qualitativo. Raimondo Pasquino, e più recentemente Marco Almagisti, si sono più volte soffermati sul tema della qualitá della democrazia, identificando dimensioni e funzioni che possono influire ai fini di un miglioramento o un peggioramento della qualitá democratica.

In entrambi gli autori, e non solo, emerge spesso il ruolo del capitale sociale – valori, significati intersoggettivi, prassi condivise che tengono assieme la società, favorendo soluzioni prese di comune accordo – e della fiducia verso le istituzioni come dimensioni fondamentali capaci di influire sulla qualità democratica di un paese. Populismo, antipolitca e sfiducia nelle istituzioni attivano un processo di erosione della qualità democratica. Una comunicazione dominata dagli insulti, la costante delegittimazione dei partiti, dei sindati, la sensazione che il teatrino della politica non si occupi mai di
fenomeni centrali nella vita di tutti, hanno agito in funzione “dissociativa” allontanando i cittadini dalle istituzioni. (si veda anche Bobbio).

Ecco, il processo deliberativo, o di dibattito pubblico e discussione attraverso i Social Network! appare dominato da queste caratteristiche, influendo sensibilmente sulla qualitá democratica e portando non poche conseguenze sul piano della riflessione collettiva e sui processi di formazione delle opinioni. Per quanto tempo ancora dobbiamo assistere ad una simile fase dissociativa tra istituzioni, corpi intermedi e societá civile?

Possibile che la polarizzazione del dibattito debba ancora dominare la deliberazione online e in particolare sui Social Network? Mi auguro di no, anche perchè sulla lunga durata lo spazio pubblico, che la tecnologia ci ha concesso, avrá effetti sulla formazione politica e culturale di un paese non diversi da quelli della televisione. Una sana riflessione, prima di commentare o estrenare le proprie osservazioni pubblicamente (anche solo attraverso uno status) non farebbe male e non toglie tempo. La democrazia è un sistema che va curato, abusarne senza rispetto, nascondendosi dietro alla locuzione “è la mia opinione”, è una vera e proria dissacrazione. Povero Socrate. p.s. Mi scuso per eventuali errori e refusi ma ho scritto questo post dal cellulare.

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