Avrebbe dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico ad un orecchio. Una banale operazione di routine alla clinica Villa Mafalda di Roma, dove però qualcosa è andato storto e alla fine, il 29 marzo 2014, Giovanna Fatello muore ad appena dieci anni.

Immediatamente partirono le indagini, tutt’oggi ancora in corso. E poche ore fa l’equipe medica ha scoperto che è sparito uno dei reperti autoptici, un frammento del cuore, nel caso specifico una porzione del ventricolo sinistro, che era stato conservato in frigorifero.

La notizia è arrivata direttamente in udienza: dopo la morte della piccola, come spiega Il Messaggero, erano finiti a processo cinque medici, con varie accuse. Gli anestesisti Pierfrancesco Dauri e Federico Santilli, il capo dell’equipe medica Giuseppe Magliulo e il suo assistente Dario Marcotullio sono infatti accusati di omicidio colposo; la direttrice sanitaria, Rossella Moscatelli, è invece accusata di falso per aver redatto un referto non veritiero.

Gli avvocati degli imputati avevano chiesto un nuovo accertamento sui reperti autoptici di Giovanna Fatello, in particolare il cuore, per verificare se la bimba potesse essere portatrice di una patologia cardiaca genetica, la sindrome di Brugada. Poiché alcuni tessuti erano stati trattati con la formalina, l’esame del Dna sarebbe risultato completamente inutile, come spiega il pm Mario Ardigò. Durante un’udienza uno dei medici legali aveva rivelato che, al momento di fare l’autopsia, era stato prelevato un frammento di cuore, mai trattato con formalina e conservato. Il medico legale, però, ha spiegato che è stato impossibile recuperare quel reperto: “Attualmente presso l’istituto di Anatomia patologica risultano conservate esclusivamente le inclusioni in paraffina dei prelievi di tessuto cardiaco fissato in formalina“.

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