The Tale of Tales, un’opera barocca incastonata nella Settima Arte

Sette minuti di applausi alla prima proiezione del Racconto dei Racconti di Matteo Garrone a Cannes. Un’accoglienza calda degli artisti e del pubblico francese che compensa quella freddina ricevuta dalla stampa italiana ed internazionale, divisa tra chi grida al capolavoro e  quelli che parlano di un mero esercizio di stile senza  un filo conduttore, un olio su tela praticamente.

In Italia mai era stata fatta un’opera del genere e probabilmente non si farà per tanto tempo. L’amore per l’estetica barocca e la tecnica di Garrone sono state di altissimo livello, così come la scenografia e le prove degli attori. Da apprezzare è soprattutto il coraggio che ha avuto il regista di portare in scena quello che è a tutti gli effetti il padre fondatore del Fantasy, visto che il giuglianese Basile è vissuto nel 1600.

 

Quello che è evidente dalle critiche è che è difficile capire dove si annidi l’imperfezione in questa opera anche se da più parti si imputa all’autore una mancata fluidità tra le 3 storie raccontate ed anche all’interno delle stesse. In pratica si guarda troppo l’orologio mentre si vede il film e questo non è mai un buon segno. Non c’è un tono deciso, né emotivo né narrativo. Garrone non cerca scorciatoie, non cerca di attirare l’attenzione dello spettatore, vuole ipnotizzarlo, come suo solito, perché in quel coraggio di portare il fantasy nelle produzioni italiane c’è anche questa volontà, dimostrando al mondo che “l’Italia non è solo gente che piange in cucina, gente che ride nei soggiorni romani, gente che grida sui lungomari, gente che passa i natali a fare battute in vari dialetti”. Ha dimostrato che l’Italia non è solo gente, ma anche ispirazione e ritorno al Barocco, che passa da architettura e dipinti, alla settima arte.

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