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Omicidio Maimone: lettera del killer Valda dal carcere: “Chiedo perdono, sono consumato dal dolore”

Nuovo momento di forte emozione nel processo d’Appello per l’omicidio di Francesco Pio Maimone, il giovane apprendista pizzaiolo di 18 anni ucciso a Napoli sul lungomare di Mergellina nel marzo 2023. Durante l’udienza, è stata letta una lettera inviata dal carcere da Francesco Pio Valda, 21 anni, già condannato all’ergastolo in primo grado e ritenuto responsabile del delitto.

La lettera di Valda: “Chiedo perdono, questa tragedia mi divora ogni giorno”

 

Nel testo indirizzato ai giudici, Valda afferma di voler chiedere perdono ai familiari della vittima. “Questa tragedia mi consuma giorno dopo giorno“, si legge nella lettera, dove il giovane racconta di aver compreso solo con il tempo la gravità di quanto accaduto e l’impatto devastante del gesto che ha spezzato la vita di un coetaneo. “C’è sempre stata da parte mia la volontà di voler chiedere scusa alla famiglia di Francesco Pio Maimone – prosegue -, questa tragedia mi consuma giorno dopo giorno e confesso: inizialmente nemmeno potevo credere che per causa mia un giovane ragazzo della mia stessa età avrebbe visto distruggersi la vita”.

 

Il racconto delle difficoltà personali

 

All’interno della lettera, Valda richiama alcuni passaggi della sua storia personale: la morte del padre, vittima di un agguato, l’assenza della madre e un percorso scolastico irregolare.
Sottolinea inoltre come l’ingresso in carcere abbia rappresentato un momento di svolta: “Riconosco di essere cambiato e sento il bisogno di dare un senso nuovo alla mia vita“, scrive, parlando del suo avvicinamento allo studio durante la detenzione.

Il padre di Maimone: “Parole prevedibili, difficili da credere”

 

In aula era presente anche Antonio Maimone, padre del ragazzo ucciso, che ha accolto con freddezza il contenuto della lettera. “Ho ascoltato con dolore, ma quelle scuse erano scontate: con un ergastolo sulle spalle era inevitabile”, ha dichiarato. Il padre ha ricordato come, secondo la ricostruzione processuale, la sparatoria sarebbe scaturita da un motivo banale – una scarpa sporcata – in un contesto che la parte civile ritiene legato a dinamiche criminali. Si tratta, tuttavia, di valutazioni soggettive e non di elementi formalmente accertati oltre quanto emerso dagli atti giudiziari.

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