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Nuove accuse, si riapre il processo. Trema l’Alleanza di Secondigliano

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Napoli. Nuove accuse ed il processo per il clan Contini si riapre. Il nuovo asso nella manica della Procura è Giuseppe detto “Pino” De Rosa, imprenditore nel settore della ristorazione e padre di un altro collaboratore di giustizia, che potrebbere fornire nuovi dettagli sulla cosca dell’Arenaccia, nota per l’abilità nel riciclare il denaro in attività “pulite”. I Contini, storicamente, fanno parte della cosiddetta Alleanza di Secondigliano con i Mallardo di Giugliano ed i Licciardi della Masseria Cardone. De Rosa è uno degli imputati nel processo contro il capoclan Eduorado “‘o romano” e Patrizio Bosti ed ha deciso di pentirsi – come riporta Il Roma – a pochi giorni della sentanza in primo grado per associazione camorristica e riciclaggio, per il quale il pm aveva chiesto 12 anni di reclusione.

L’annuncio è arrivato in aula: “Lo faccio per dare un futuro diverso a me ed alla mia famiglia”. L’uomo ha poi raccontanto di essere stato avvicinato e picchiato con ferocia in carcere da Salvatore Botta, un altro degli imputati, a quanto pare a causa di 40mila euro scomparsi. Il pentimento, dunque, sarebbero arrivato anche per “salvare la pelle”.

Il processo è contro il gruppo economico del clan. Tra gli imputati c’è Antonio Aieta, braccio destro del boss dell’Arenaccia. Per questo sono state depositate le accuse di Giuseppe e Teodoro De Rosa, padre e figlio, per anni del tutto organici ma insospettabili. Per poterli sentire, il giudice di Corte di Appello dovrà esaminare le motivazioni del procuratore generale e decidere di riaprire il dibattimento che vede imputate 53 persone.

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I Contini negli anni hanno evitato di fare la guerra contro altre cosche, hanno deciso la strada del silenzio e così hanno accumulato un tesoro avvalendosi di una fitta trama di prestanome e “colletti bianchi” che sono riusciti a reimpiegare quei milioni e centuplicarli nel valore. Ma a fine gennaio dello scorso anno però lo Stato, con un “esercito” di poliziotti, finanzieri e carabinieri, ha concluso la più importante indagine mai realizzata contro la cosca con base all’Arenaccia e Capodichino, che da un rione “a rischio” di Napoli, l’Arenaccia, ha conquistato tutta l’Italia, una parte dell’Europa e addirittura l’America e la Cina, grazie a veri e propri gruppi imprenditoriali legati alla camorra: 90 erano in totale le persone indagate per reati che vanno dall’associazione camorristica, all’estorsione, fino all’usura e al reimpiego di capitali.

Due le famiglie imprenditoriali principalmente coinvolte nella retata: a Roma ed in Versilia, quelle che ruotano attorno alla famiglia Righi, ed a Napoli, quelleche ruotano attorno alla famiglia Di Carluccio. Nel primo caso esperti in ristorazione, nel secondo nella gestione degli impianti di distribuzione di carburante. Accanto a queste due famiglie imprenditoriali ce ne sono altre impiegate nel settore dell’abbigliamento, in particolare a Prato. Tra i destinatari dell’ordinanza c’era l’intero direttorio della famiglia Contini, gestita per anni da Eduardo “’o romano”, in carcere dal 2007 e attualmente detenuto al regime del carcere duro. Destinatari della misura sono tra gli altri i ras Giuseppe Ammendola, latitante dal 2012 e boss del clan, Salvatore Botta e la moglie Rosa Di Munno, il nipote omonimo Salvatore Botta.

fonte: Il Roma

 

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