“Nella prima stagione di Gomorra – La serie decidemmo di ambientare un episodio (quello che spiegava come funziona il meccanismo della scheda ballerina per falsare e vincere le elezioni) a Giugliano, un comune non distante da Napoli, con una densità abitativa elevata e grossi problemi di criminalità organizzata. Al tempo l’amministrazione cittadina era stata commissariata proprio per infiltrazioni camorristiche. Oggi, il sindaco di Giugliano nega l’autorizzazione a girare scene della seconda stagione di Gomorra in città.

Che la politica limiti la libertà di espressione artistica la dice lunga sulle sue derive autoritarie e soprattutto sulla convinzione, fallace, che sia sufficiente bloccarne il racconto perché la camorra smetta di esistere.

Il dibattito, come è facile comprendere, è molto più ampio e non c’entra più nulla ormai con l’autorizzazione a riprendere (posto che si può girare in Spagna e chiamare quel luogo Giugliano). Ma c’entra con l’atteggiamento di certi amministratori che scaricano le proprie responsabilità sull’industria culturale.

Se la criminalità dilaga, non è perché esistono serie televisive come Gomorra (anni fa era la Piovra, quando a Palermo si negava l’esistenza della mafia), ma a causa dell’incapacità della politica di creare opportunità.

La “paranza dei bambini” che sta terrorizzando Napoli (ne ho scritto qui) non è formata da giovani benestanti traviati dalla televisione, ma da ragazzi che hanno le famiglie in galera e ai quali il contesto in cui vivono – e qui la politica deve sentirsi chiamata in causa – non riesce a offrire nulla, nessuna alternativa, nessuna seconda via.

E magari, quei ragazzi, la televisione non la guardano nemmeno”.

(dal blog dello scrittore)

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