La Formula 1 ha perso uno dei campioni più grandi della sua storia: Niki Lauda è morto lunedì in una clinica svizzera. Aveva 70 anni. Nell’estate del 2018 Lauda aveva dovuto sottoporsi ad un complicato trapianto di polmoni.

Nell’immaginario popolare di lui rimangono le immagini del grave incidente a Nurburgring che lo lasciò sfigurato: fu estratto incosciente, ma vivo, e con ustioni di terzo grado su tutto il corpo dall’abitacolo della sua monoposto dal collega italiano Arturo Merzario.  Si salvò e ricominciò a correre quasi subito.

Oltre alle fiamme che ne segnarono il volto per sempre, il pilota fu indebolito dalle inalazioni dei velenosi fumi di benzina, che evidentemente ne danneggiarono i polmoni.

La vita. Nato a Vienna il 22 febbraio del 1949, Lauda vinse tre titoli mondiali come pilota di F1 nel 1975, nel 1977 e nel 1984, i primi due al volante della Ferrari e l’ultimo poi con la McLaren, ed è considerato uno dei migliori piloti della storia alla luce anche di una carriera con 171 Gran Premi corsi e 25 vittorie ottenute. In pista si era meritato il soprannome di “Computer”, per la sua guida meticolosa, ma anche per la capacità di individuare e correggere i difetti delle vetture che guidava.

Su Twitter arriva il cordoglio del team Ferrari: “Oggi è un giorno triste per la F1. La grande famiglia della Ferrari apprende con profonda tristezza la notizia della morte dell’amico Niki Lauda, tre volte campione del mondo, due con la Scuderia (1975-1977). Resterai per sempre nei cuori nostri e in quelli dei tifosi. #CiaoNiki”.

Da Carlo Vanzina a Arturo Merzario, in tanti hanno voluto ricordare il “Computer”. Merzario, il collega che gli salvò la vita, ha raccontato che tra loro “c’era una rivalità, mi ringraziò solo nel 2006. Ma eravamo amici-nemici. I campioni di oggi non sono come lui”.

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