E’ piena di punti oscuri la vicenda del 70enne morto dopo ore di attesa in ambulanza nel triage dell’ospedale Cotugno. Il consigliere regionale, Francesco Emilio Borrelli, ha annunciato l’avvio di un’indagine interna e di un’interrogazione in Consiglio. Intanto i familiari della vittima valutano di avviare azioni legali.
Napoli, 70enne col covid morto al Cotugno dopo ore di attesa in ambulanza: tutti i punti oscuri
La storia prende avvio la scorsa settimana, quando, come anticipato da Tele Club Italia, il 70enne, F.S., residente ai Colli Aminei, già affetto da patologie pregresse (diabete e ipertensione), ha cominciato a manifestare i primi sintomi del Covid-19. Sottoposto a tampone, sabato gli viene comunicata la positività al coronavirus. In casa scatta l’allerta. Dopo aver consultato il medico di base, i familiari chiamano il 118 per far ricoverare l’uomo. Qui il racconto incontra il suo primo bivio. Secondo Giuseppe Galano, direttore della centrale del 118 di Napoli, il paziente avrebbe rifiutato l’ospedalizzazione. Secondo i parenti, invece, al 70enne avrebbero proposto un ricovero fuori regione per mancanza di posti, addirittura in Sicilia.
La corsa al Pellegrini
Il giorno dopo (domenica, ndr), i familiari del 70enne ricontattano il 118. Questa volta F.S. viene preso in carico dal personale sanitario. La prima tappa è all’ospedale Vecchio Pellegrini, dove il paziente attende più di un’ora senza ottenere il ricovero, bloccato in ambulanza, perché il suo caso viene tra l’altro classificato come “un codice giallo”. Meno grave di un codice rosso. Anche qui la vicenda si ingarbuglia e nascono alcuni interrogativi: perché portarlo al Pellegrini che di fatto non è un centro per pazienti Covid? Perché farlo aspettare e non condurlo subito al Cotugno?
“E’ stato portato al Pellegrini perché aveva una positività non certificata dall’Asl ma da un laboratorio privato – prova a spiegare alla nostra redazione Galano -. Non aveva le certificazioni. Non possiamo portarlo al Covid Center se non ha la documentazione dell’Asl che ne certifica la positività. Il Pellegrini era la struttura più adatta in quel momento, perché ha l’isolamento sia per i sospetti positivi che l’isolamento per i positivi”.
Dal Pellegrini al Cotugno: tre versioni diverse
L’attesa però è inutile. Al Pellegrini non c’è posto. Quando l’equipaggio dell’ambulanza ottiene il via libera, l’autista del mezzo di soccorso riaccende i motori e fa una seconda tappa: questa volta al Cotugno, il presidio sanitario più importante in Campania per i pazienti Covid. Anche qui la storia si intrica e prende direzioni diverse a seconda di chi la racconta.
Secondo i cari della vittima, l’ambulanza avrebbe atteso altro tempo prezioso prima di lasciare il paziente nel triage del pronto soccorso. Secondo il Cotugno, invece, così come comunicato in una nota ufficiale diramata dalla dirigenza della struttura sanitaria, “il paziente è arrivato in condizioni gravissime ed è stato assistito, senza alcuna attesa, dal personale sanitario”. “Presentava una saturazione molto bassa – prosegue la nota – ed è stato sottoposto a emoganalasi e altri esami che hanno confermato il grave quadro di insufficienza respiratoria”.
Ma su questo snodo della vicenda, cioè le condizioni della vittima al momento di arrivare in ospedale, poco prima che sopraggiungesse il decesso, la versione del Cotugno non solo non collima con quella dei parenti, ma neanche con quella del 118, che affida al direttore Giuseppe Galano la sua versione: “Il paziente è stato assistito e aveva dei valori stabili. Dopo un’ora è arrivato al Cotugno, sempre in codice giallo. Era vigile, e con saturazione del 95 %”.
A sottolineare ulteriori incogruenze tra le tre versioni che rendono così difficoltosa la ricostruzione dell’accaduto è il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli. “Il Cotugno aggiunge che l’uomo è arrivato a bordo di un’ambulanza privata, mentre il 118 sostiene che il mezzo su cui è stato trasportato il paziente appartiene al loro circuito. Tra l’altro il Cotugno sostiene che l’ambulanza non era medicalizzata. Perché sostiene questo? Se qualcosa non funziona, è importante saperlo subito. Noi sappiamo che ci sono posti letto, perché si è detto che invece hanno riferito di doverlo trasferire fuori regione? Qualcuno non dice la verità. Se è una storia di malasanità, bisogna identificare i responsabili”.
Il rebus dei posti disponibili
Proprio la disponibilità dei posti letto è il nodo irrisolto della vicenda che ha messo in dubbio l’attendibilità dei comunicati ufficiali dell’Unità di Crisi della Regione, secondo i quali, invece, in Campania non si registra alcuna criticità per i ricoveri, sia in degenza ordinaria che in terapia intensiva. Giuseppe Galano, contattato dalla nostra redazione, ammette che al momento c’è “enorme difficoltà a reperire posti letto”. Ma specifica subito dopo che nel caso del paziente morto nel triage del Cotugno il 118 non ha fatto mai “ricognizioni fuori dalle Regione Campania”. “I posti sono fluttuanti, sono in evoluzione continua – aggiunge -, per il turn over tra dimessi e ricoverati. Il problema più importante ce lo sta portando il primo livello, la degenza, perché la percentuale dei contagiati è aumentata di molto. Poi ci sono persone che non stanno molto male ma che hanno bisogno di un’assistenza più diretta e quindi vanno ricoverati comunque”.