Emergono dettagli inquietanti dall’inchiesta che ha portato al sequestro degli altarini della camorra tra i quartieri Vasto-Arenaccia e San Carlo all’Arena. Dell’ordinanza spuntano dichiarazioni sul rapporto tra i clan e la fede, o almeno con i simboli religiosi come edicole votive e processioni.

“La donna ha le chiavi delle chiese; si sono fatti anche appuntamenti di camorra in queste chiese: una volta io stesso ho accompagnato Patrizio Bosti (boss del Vasto-Arenaccia) per un appuntamento con Giuseppe Ammendola nella chiesa di San Giovanni e Paolo. Il fatto risale a quando accompagnavo Bosti a firmare”. A parlare, con gli inquirenti della DDA, il 6 luglio 2021, è il collaboratore di giustizia Teodoro De Rosa, che ha contributo in maniera determinante – come riporta Il Mattino – a fare luce su uno spaccato inquietante che vede addirittura la camorra strumentalizzare le funzioni religiose, come le feste organizzate per celebrare i santi e la Madonna e le questue, per chiedere il “pizzo” a commercianti e condomini.

Pizzo di camorra nelle offerte per la Madonna dell’Arco

La donna a cui il collaboratore di giustizia fa riferimento, colei che ha chiavi delle chiese, è la suocera di tre importanti boss dell’Alleanza di Secondigliano: Patrizio Bosti, Francesco Mallardo ed Eduardo Contini.  I tre hanno sposato infatti le sorelle Aieta. De Rosa spiega che le questue per la Madonna dell’Arco, festività particolarmente sentita a Napoli, vengono organizzate “…già parecchi mesi prima della festa canonica, che cade intorno a Pasqua…” perchè “…commercianti nonchè condomini devono versare obbligatoriamente come ‘pizzo’; è ulteriore rispetto alle somme a titolo estorsivo già imposte. Mi spiego: i condomini sono costretti a iscriversi all’associazione religiosa e per questo pagano una quota fissa; poi, devono versare la questua in occasione di ogni processione. Allo stesso modo, i commercianti versano sia la quota fissa sia all’associazione religiosa sia la questua in occasione del singolo rito…”.

De Rosa spiega anche che ciascun referente di zona ha una cappella votiva “… e che i soldi raccolti vanno alle famiglie del mafioso di riferimento della cappella. Per cui capita che una singola processione faccia più soste dinanzi a diverse cappelle e così raccoglie il denaro destinato alle diverse famiglie mafiose a cui sono riferibili le singole cappelle votive…”, inoltre, durante le bandiere da usare durante le processioni recano i nomi delle varie famiglie mafiose, come Bosti, Contini e altre, bandiere, dice Teodoro De Rosa, rispondendo alle domande degli inquirenti “…sono conservate nelle chiese, gestite dai preti”.

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