I rifiuti del litorale domizio in mostra all’Archeologico di Capua. Negli ultimi due anni l’associazione Domizia ha messo in atto una serie di progetti volti alla tutela e alla valorizzazione del tanto bistrattato e troppo spesso dimenticato patrimonio ambientale del litorale Domizio.

I rifiuti del litorale domizio in mostra al museo di Capua

L’associazione, che fa della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, il punto cardine del suo statuto, è nota ai più, soprattutto, per il prezioso contributo, in collaborazione con l’Istituto Anton Dohrn di Napoli, dato al progetto Caretta in Vista per il pattugliamento delle spiagge alla ricerca di tracce di tartarughe marine, il monitoraggio e la certificazione delle schiuse delle Caretta caretta che negli ultimi anni prediligono il nostro litorale come luogo di nidificazione.

L’inaugurazione del Museo del Danno, allestimento itinerante e in continuo aggiornamento, avvenuta alcuni giorni or sono, al Museo Archeologico di Capua, è l’ultima iniziativa con cui l’associazione mira a sensibilizzare i cittadini dell’area (e non solo) sulla problematica dei rifiuti che si ritrovano, purtroppo, anche in grande quantità sulle spiagge del Litorale Domizio.

Sugli arenili dei comuni di Castel Volturno e Giugliano è facile ritrovare quantitativi non indifferenti di rifiuti, non solo quelli che, di solito, si ritrovano spiaggiati dopo le mareggiate ma quelli che arrivano, per lo più, dalle foci dei fiumi Volturno e Agnena, dai Regi Lagni e da canali, in cui confluiscono reflui provenienti da allacci fognari abusivi e da fossati, utilizzati come luogo di smaltimento di rifiuti speciali e, troppo spesso, di provenienza domestica non meglio identificata. Da una passeggiata rilassante in riva al mare alla raccolta dei rifiuti, per i volontari di Domizia, il passo è stato breve.

Oggetti di uso quotidiano che, a norma dovrebbero essere smaltiti secondo un ciclo virtuoso, sono stati raccolti nel tempo fino a costituire una vera e propria “collezione” da esposizione. Centinaia di tappi, siringhe, dentiere, succhietti e bambole, tante, tante bambole, sono diventati i protagonisti di questo inconsueto quanto angosciante allestimento. Una testa sporca dai capelli arruffati, priva dei bulbi di una delle bambole, ricoperta di alghe, finita per caso a sedimentare sulle spiagge nostrane, è divenuta il simbolo sinistro dell’Antropocene, lo spettro di un’era in cui l’uomo distrugge quella cosa buona e giusta chiamata Creato, l’icona di un’opera d’arte esposta non per la sua salvifica bellezza ma come silenzioso e angosciante monito.

comunicato stampa

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