Braccati e allontanati dai territori conquistati negli ultimi mesi, guardati con sospetto nella loro città d’origine. Stretti da un lato nella morsa dei clan rivali o dagli ex amici (Vanella Grassi e Amato-Pagano), costretti dall’altro a guardarsi le spalle dai seppur pochi affiliati al clan Polverino. Vivono così ormai da giorni, dal momento del ritrovamento del cadavere di Andrea Castello e della successiva sparizione di Antonio Ruggiero, ritenuto dagli inquirenti il vero e proprio leader della gang, i pusher d’assalto della fazione maranese alleata con il boss Mario Riccio, alias “Mariano”. L’area spavalda di un tempo è soltanto un lontano ricordo. Molti capi-zona sono letteralmente spariti dalla circolazione.

 

Che fine hanno fatto? Di almeno due baby- boss, operanti già da tempo sul territorio di Mugnano, non si hanno più notizie da diversi giorni; un altro avrebbe fatto perdere le proprie tracce da più di 48 ore; altri ancora invece girano soltanto di notte, in auto o in moto, per la prima volta dalla loro comparsa, con i caschi ben allacciati e sempre in compagnia. C’è chi ipotizza nuovi scenari di lupara bianca, ma anche di un allontanamento volontario dei pezzi da novanta del gruppo. Un voler far perdere le proprie tracce, insomma, per non esporsi ad ulteriori vendette e per salvarsi la pelle. Intanto le verifiche, le ricerche sono già partite. Anche i carabinieri si sarebbero messi sulle loro tracce, ma al momento sulla sorte di alcuni sodali di Antonio Ruggiero e Andrea Castello vige ancora il più stretto riserbo.

 

Le reazioni in città.  In città ormai non si parla d’altro e nei vicoli, quelli abitualmente frequentati dagli scissionisti di Marano, si respira un’atmosfera insolita, quasi surreale. Come emblematica è la scritta che campeggia da giorni (“Chiuso per inventario”) sulla saracinesca del negozio gestito dai familiari di Antonio Ruggiero. In questi ultimi due anni il gruppo guidato dal 30 enne, scomparso nella stesso giorno in cui è stato ammazzato Andrea Castello, si era segnalato per le spedizioni punitive, tutte o quasi compiute ai danni di familiari degli affiliati o luogotenenti dei Polverino attualmente in carcere. Qualcuno, sempre nei primi tempi, aveva tentato anche la strada delle estorsioni ai danni dei commercianti più facoltosi: una pratica camorristica mai contemplata e avallata dai vecchi padrini di Marano e che di fatto non ha mai attecchito da queste parti. Poi la tregua, siglata – secondo i soliti bene informati – anche grazie all’interessamento dei Casalesi  e delle cosche siciliane, storiche alleate dei clan Nuvoletta e Polverino. Che si tratti di leggende metropolitane o di verità poco importa. Sta di fatto che la tregua, quella pax quantomeno di facciata fu realmente sancita, anche se al di là degli accordi gli uomini di Riccio avevano continuato a gestire la stragrande maggioranza delle piazze di spaccio (hashish, cocaina, crack e quant’altro) e ad incutere terrore per i loro modi aggressivi e risoluti.

 

Il futuro. Ma oggi le domande ricorrenti sono ben  altre: ci saranno altre vittime? Che fine hanno fatto i pusher scomparsi dalla circolazione? E, soprattutto, chi subentrerà d’ora in avanti alla gang di Mariano Riccio? Non sono in pochi a scommettere sul ritorno in auge delle vecchie famiglie di camorra, che per anni hanno avuto stretti legami con i clan di Secondigliano e intessuto ottimi rapporti con i Di Lauro e gli Abbinante.  

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