evasione carcere minorile airola

Quando la realtà supera la fiction. Come in una scena di “Mare Fuori”, la celebre serie tv sulla vita di alcuni ragazzi rinchiusi nell’IPM di Napoli, due detenuti di 21 anni sono scappati alle prime luci dell’alba dal carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento. Lo rendono noto l’Uspp e l’Uil. Protagonisti della rocambolesca fuga due detenuti comuni, finiti in cella per reati contro il patrimonio.

Campania, scene da “Mare Fuori”: in due evadono dal carcere minorile

Le circostanze dell’evasione sono ancora poco chiare. A seguito della scoperta dell’evasione sono state organizzate le ricerche, con controlli nei pressi dell’istituto minorile e lungo le principali arterie di scorrimento della zona e le stazioni dei mezzi pubblici. A fine febbraio il carcere era già finito al centro delle cronache per uno scontro tra due gruppi di detenuti, un paio di giovani napoletani e alcuni coetanei africani. In quell’occasione fu necessario l’intervento della Penitenziaria. Successivamente i giovani africani avevano tentato di uscire dalle celle usando anche i letti come arieti per sfondare le porte blindate.

«Sono anni – ribadiscono Ciro Auricchio e Eugenio Ferrandino, segretari regionali, rispettivamente dell’Uspp e dell’Uil – che denunciamo le carenze e le criticità del sistema penale minorile. In particolar modo, nell’ultimo anno, abbiamo denunciato le carenze strutturali dell’istituto airolese per le quali è stata deliberata la completa ristrutturazione. Ancora una volta chiediamo che i detenuti maggiorenni scontino la pena non nel circuito non nel circuito penale minorile ma in quello ordinario per adulti».

«Nelle more della ristrutturazione – aggiungono i due sindacalisti – abbiamo chiesto lo sfollamento dell’utenza detentiva e la chiusura totale dell’istituto prima del piano ferie estivo del personale: non è un caso che negli ultimi mesi si sono succeduti svariati eventi critici anche gravi». «Ribadiamo pertanto le nostre richieste, per scongiurare la reiterata cronaca di una morte annunciata», concludono Auricchio e Ferrandino.

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