MALAGA – Julen al buio e al freddo, intrappolato in un pozzo artesiano profondo 70 metri. Salvo miracoli, il bimbo di due anni sarebbe già morto. I medici avevano infatti stimato in 10 giorni il tempo massimo in cui il piccolo avrebbe potuto sopravvivere in condizioni così estreme, senza cibo né acqua. E dieci giorni oggi sono passati.
Le operazioni di salvataggio, in queste ore, come se non bastasse, si sono ulteriormente complicate. Gli uomini messi in campo dalla giunta andalusa e dal governo spagnolo, infatti, hanno dovuto ‘limare’ le pareti rocciose, risultate essere più dure del previsto, ad una profondità di circa 40 metri. Quest’operazione, necessaria per consentire l’introduzione del tunnel, ha ulteriormente ritardato i soccorsi di 24 ore. Con alcuni mezzi speciali, per tutta la scorsa notte i soccorritori hanno ‘corretto’ le irregolarità presenti nel terreno e in questi minuti alcune gru stanno reinserendo in profondità il tunnel costruito. Da lì alcuni minatori proseguiranno lo scavo a mano per arrivare al piccolo.
Ad ogni modo, tutti si preparano al peggio: ai genitori di Julen non è stato nascosto che il bimbo, rimasto sottoterra così a lungo, potrebbe non avercela fatta, del resto col passare delle ore qualunque speranza si fa più flebile. Eppure il papà è convinto di “aver visto una luce” in questo buio. In particolare una speranza, e cioè l’idea che il maggiore dei suoi figli, morto nel maggio del 2017 per un infarto, stia custodendo Julen. Le parole del papà fanno esplicitamente riferimento al suo figlio angelo: “ Mia moglie è a pezzi, siamo morti sentendo quello che ci dicevano. In un primo momento dicevano che fosse morto. Un angelo lo aiuterà”.
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