Stava andando a comprare per suo figlio Carmine, un bambino di 4 anni appena, una bicicletta per la befana. E proprio con la mano del piccolo che stringeva la sua mentre raggiungevano il negozio di giocattoli nell’allora piazza belvedere ad Afragola, fu raggiunto da una scarica di lupara proveniente da una cinquecento gialla.  Era la sera del 5 gennaio del 1976. A sparare da quell’auto – come poi confessò dopo un breve periodo di latitanza – c’era Vincenzo il più giovane dei fratelli Moccia.  Ad essere colpito al cranio finendo per morire dissanguato il maresciallo dei carabinieri Gerardo D’Arminio che proprio in quelle settimane stava indagando sul canale attraverso il quale si importava l’eroina nella provincia di Napoli.  Stamattina – come ogni anno da quell’epifania di sangue – l’associazione libera insieme ai carabinieri e alla presenza dei pochi familiari rimasti e dei rappresentati politici di Afragola e di Montecorvino Rovella, città natale di D’Arminio, hanno ricordato il suo sacrificio.

Al maresciallo D’Arminio, dopo anni di depistaggi e tentativi di infangarne la memoria, è stata assegnata la medaglia d’argento al valor militare. A febbraio 2021 è inoltre stata approvata dai commissari prefettizi una delibera che prevede l’intitolazione a suo nome della piazza dove fu ucciso. Tuttavia, la delibera non è ancora stata resa effettiva e sul caso vi è anche un’interrogazione presentata dal consigliere Antonio Iazzetta e firmata dal resto dell’opposizione.

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